La banda ultralarga, grazie alla fibra ottica, è entrata a pieno titolo fra i “dossier” strategici della politica italiana. Già in passato la questione era balzata agli onori della cronaca, ma va dato atto al governo Renzi di aver messo nero su bianco una strategia precisa nel Piano per la Banda Ultralarga e nel Crescita Digitale.
Si tratta di due documenti programmatici in cui il connubio infrastrutture di rete-servizi digitali diventa per la prima volta indissolubile. L’annosa (e paralizzante) questione del “viene prima la rete o la domanda?” è stata dunque accantonata. Il punto non è se si debba marciare o no al ritmo della domanda, il punto è che le infrastrutture in fibra rappresentano l’unica via percorribile se si vuole davvero garantire un futuro all’economia digitale e più in generale all’economia tutta.
L’Italia, come tutte le altre economie – sviluppate e non – ha bisogno di fibra. Ne ha bisogno per recuperare il gap digitale con i Paesi più avanzati, ma soprattutto per recuperare se stessa, ossia per dotarsi dell’infrastruttura chiave per il sistema Paese: la rete in fibra ottica.
Solo con una rete “forte”, dalle elevate capacità trasmissive e di tenuta del segnale, si potranno garantire servizi evoluti come quelli che hanno a che fare, ad esempio, con la sanità. Ma non solo: l’avvento di Neflix &co, l’Internet of Things e tutto ciò che – come parte della cosiddetta Industria 4.0, dove il digitale diventa l’ingrediente numero uno della progettazione, della comunicazione, della manifattura stessa - impone inevitabilmente una riflessione sulle infrastrutture di rete attraverso cui circoleranno sempre più dati. Tutto questo ha bisogno di fibra.
C’è già chi considera gli attuali obiettivi europei e nazionali al 2020 al di sotto di quelle che, di qui a qualche anno, saranno le reali esigenze di banda. I Paesi più avanzati dell’avanzatissimo Est asiatico ragionano già in termini di Giga, mentre l’Europa deve ancora traguardare il tetto dei 100 Mb. Per portare avanti la partita sarà necessario affidarsi alle aziende che possono garantire la cantierabilità dei lavori nel breve tempo e che dispongono delle tecnologie più all’avanguardia, adatte sì a soddisfare la domanda attuale ma soprattutto a garantire i bisogni futuri. In Italia, per fortuna, non mancano i “campioni” nazionali che anche in questa prossima nuova fase saranno i protagonisti del mercato contribuendo a portare avanti le strategie ed i piani nazionali a supporto della così indispensabile crescita-Paese. Il Made in Italy è sinonimo di qualità anche nella produzione di fibra ottica.
Crescono le connessioni WiFi e, paradossalmente, cresce il bisogno di infrastruttura cablata in larga banda per alimentarle. La crescita del WiFi di nuova generazione infatti è sempre più rapida e la sua adozione sta cambiando i requisiti delle infrastrutture sulle quali si appoggia. I fattori tecnologici di questa accelerazione sono fondamentalmente due: l’utilizzo di un secondo fascio di frequenze radio rispetto a quelle assegnate al WiFi sinora e il consolidamento del nuovo standard 802.11ac. Secondo le stime di Dell’Oro, infatti, alla fine del 2016 i chip radio nello standard 802.11n e 802.11ac venduti in tutto il mondo, sia sui terminali che nei punti di accesso, saranno circa 1,8 miliardi.
Come siamo arrivati a questa esplosione di dati? Fino ad oggi la maggior parte delle connessioni WiFi veloci hanno superato i limiti dei “vecchi” chip 802.11x, utilizzando lo standard 802.11n e operando nella frequenza dei 2,4 GHz. Quest’ultima è una limitazione, dato che si tratta della stessa frequenza utilizzata da altri apparati industriali e dalle generazioni precedenti e più lente di connessioni WiFi in standard 802.11. Solo di recente si è perciò diffusa una variante che utilizza una fetta di spettro più “pulita” e quindi con meno interferenze.
Infatti, il WiFi in versione 802.11n utilizzato nella frequenza dei 5 GHz permette di avere fino a 150 megabit al secondo di trasmissione dati con canali da 20 e da 40 MHz. Per capire l’accelerazione che il nuovo standard 802.11ac porta in questo settore, invece, basta osservare che l’ampiezza dell’intervallo dei canali è adesso in tre taglie: da 20, 40 e 80 MHz di ampiezza, con anche il supporto opzionale di canali ibridi da 160 MHz di ampiezza, e con una capacità di trasmissione dati fino a 6,9 gigabit al secondo, cioè quasi cinquanta volte più veloci del precedente sistema.
Soprattutto, lo standard 802.11ac permette di utilizzare alcune tecnologie di trasmissione avanzata che aggregano flussi di dati trasmessi in frequenze diverse. La più significativa tra queste è la Multiple Input/Multiple Output (Mimo), che gestisce otto flussi di dati in contemporanea per ciascun client connesso (la stessa tecnologia applicata allo standard precedente 802.11n è limitata a quattro flussi). Inoltre, solo per la nuova generazione di basi radio 802.11ac, è stata creata anche la versione Multi User Mimo (MuMimo) che permette di trasmettere più flussi di dati/utente su ciascun canale.
A queste tecnologie si aggiungono nuove generazioni di chip di controllo e di antenne per la trasmissione dei dati che consentono di default di avere delle onde radio ottimizzate per ambienti al chiuso e per ridurre al minimo le interferenze. Le tecnologie di “beanforming”, che erano opzionali sugli apparecchi 802.11n, adesso sono la norma e sono inoltre migliorate sino al punto di rendere molto più regolare e coerente le trasmissioni radio, limitando le interferenze reciproche degli apparecchi più avanzati.
Gli organi di standardizzazione sono da tempo al lavoro per rendere ancora più regolato e organico il sistema con il quale vengono progettare e realizzate le reti WiFi. Tutto questo continuerà ad avere, nel prossimo futuro, una notevole ricaduta sulla necessità di infrastrutture di rete cablate che alimentino access point sempre più performanti e terminali “affamati” di dati. In particolare, sia l’ISO/IEC che la TIA (Telecommunications Industry Association) hanno fornito raccomandazioni per la creazione di reti “dense” utilizzando pattern a nido d’ape oppure a base quadrata con distanze similari tra le celle (circa venti metri) indicando anche la categoria delle connessioni Ethernet necessarie ad alimentare questo tipo di installazioni per reti wireless estese (Wlan). Si tratta cioè di cablature Cat 6A al posto delle precedenti Cat 5, per consentire di arrivare a una banda passante di 10 gigabit per secondo sulla infrastruttura cablata Ethernet.
Infine, la crescita del wireless ultra-veloce ha un impatto anche dal punto di vista dell’alimentazione e quindi dei consumi dei singoli punti di accesso. Se da un lato gli access point 802.11ac richiedono più energia per essere alimentati, esistono anche soluzioni basate sulla tecnologia PoE (Power over Ethernet) che rendono più semplice la gestione anche della parte elettrica della rete dati senza fili, con il bonus importante di poter aumentare l’affidabilità utilizzando dei gruppi di continuità Ups che, in installazioni basate su reti elettriche tradizionali, sarebbero molto più difficili da ottenere.
In definitiva, utilizzare reti wireless sempre più veloci che sono in grado di offrire i flussi dati necessari ad esempio al consumo di video in alta definizione (2K e 4K), porta con sé la necessità di avere reti fisse più solide e infrastrutture più performanti.
Sta per entrare nel vivo il Piano banda ultralarga per portare i 30 Mbps a tutti gli italiani e oltre i 100 Mbps all’85% della popolazione entro il 2020. A poco più di un anno dall’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, della Strategia italiana per la banda ultralarga – era il 3 marzo 2015 –il Piano che punta a portare la fibra ottica nelle aree a fallimento di mercato, le cosiddette aree bianche, si prepara per la fase “attuativa” delle gare. Il primo bando è stato appena annunciato.
Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Molise le regioni in pole position ma anche le altre si stanno progressivamente organizzando e, stando a quanto annunciato da Palazzo Chigi, tutte le regioni saranno pronte entro l’estate. A disposizione circa 3 miliardi di euro di cui 1,6 miliardi stanziati dal Cipe, 1,187 miliardi di fondi Fesr e Feasr e 233 milioni di Pon imprese e competitività. Risorse che saranno utilizzate per effettuare interventi in 7.300 Comuni. La sfida sarà importante: le reti di accesso Nga sono disponibili, a livello di copertura, solo per il 44% delle famiglie a fronte di una media europea del 71%. Anche riguardo ai sottoscrittori al broadband fisso siamo ben al di sotto della media Ue pari al 72%: in Italia è infatti abbonato alla banda larga il 53% delle famiglie. E il dato è ancora peggiore nel terreno dell'ultrabroadband (oltre 30 Mbps) che ad oggi raggiunge solo il 5,4% degli italiani contro una media europea del 30%.
Per recuperare il tempo perso e fare dell’Italia un Paese all’avanguardia – questo l’obiettivo che si è posto il governo Renzi con il Piano per la banda ultralarga – va da sé che i riflettori sono tutti puntati sulla fibra ottica, la tecnologia “prescelta” poiché considerata l’unica, al momento, in grado di traguardare due obiettivi: quelli al 2020 ma soprattutto quelli futuri che andranno ben al di là dei 100 Mbps. Le gare riguardano le aree bianche ma si continua a lavorare anche per le reti nelle aree grigie e nere che già hanno raggiunto una connettività di almeno 30 Mbps. Al fine di conseguire anche in tali aree un importante salto di qualità la “Strategia” prevede l’intervento dello Stato laddove gli operatori, pur essendo presenti, non hanno interesse a investire in progetti che migliorino significativamente la qualità delle reti e dei servizi digitali. Le risorse pubbliche possono essere impiegate in linea con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea anche se si attende ancora la luce verde da parte dell’Europa per quel che riguarda la normativa sugli aiuti di stato. Parallelamente alle tematiche regolamentari e normative esiste infine un ultimo punto da sciogliere: nell’esecuzione del piano, quanto conta la QUALITA’ DELLA FIBRA OTTICA che verrà utilizzata?
Lo sviluppo della banda ultralarga mobile è strettamente connesso allo sviluppo della fibra. Di fatto, se le due tecnologie non marceranno parallele non solo l’LTE sarà inevitabilmente penalizzato nel corso del suo sviluppo, ma non sarà possibile far decollare realmente il 5G.
Il cuore del problema è costituito dal backhaul, ossia dal punto di “interconnessione” fra le reti fisse e mobili. Le reti hanno bisogno delle dorsali in fibra per interconnettere le proprie antenne alla rete dell’operatore: un network mobile che, se non può contare sul “supporto” della fibra e sul fibre backhauling, non può e non potrà soddisfare la crescente domanda di traffico dati, garantendo le performance promesse – i 100 Mbit/s nel caso dell’LTE e molto di più con il 5G – né la qualità dei servizi di connettività. Di fatto, per assicurare la giusta ampiezza di banda è necessario che la rete mobile si “appoggi” ad un’infrastruttura in fibra ad una distanza “ragionevole” dal cliente finale, altrimenti sarà proprio la distanza ad abbattere strada facendo le performance. L’aumento delle small cells necessarie per il 5G impone un’ulteriore riflessione sull’importanza del backhaul e quindi sulla necessità delle reti in fibra per lo scambio sempre più massivo di informazioni.
“Sono molti i governi e gli stakeholder che non sono sufficientemente a conoscenza della necessità della fibra per le reti mobili”, sottolinea Edgar Aker, membro del Board di FTTH Council. “Auspichiamo una crescente convergenza fra la fibra e il mobile in modo da poter assicurare ai cittadini servizi di nuova generazione”. La questione si fa ancora più importante in considerazione dell’avvento dell’Internet of things: la diffusione dei sensori connessi rappresenterà una sfida non da poco proprio a livello di network mobili che dovranno processare e “restituire” una quantità enorme di dati.
La “granularità” dell’IoT – miriadi di informazioni derivanti da miliardi di sensori – sortirà l’inevitabile evoluzione delle reti verso un modello di configurazione architetturale “small cells”. Un modello che a sua volta necessiterà la ridefinizione delle esigenze di backhaul per i network mobili. Considerata la capacità della fibra ottica, l’adozione dell’FTTH, ossia della fibra fino alle abitazioni o quantomeno all’edificio, rappresenta al momento la soluzione tecnica migliore per il mobile backhaul. Gli operatori oggi tendono a orientarsi verso il Gpon, che è lo standard in grado di rendere fruibile la maggior quantità di banda, e sono sempre più le telco che stanno investendo nelle tecnologie della “famiglia” FTTx. Il che fa ben sperare per l’evoluzione della banda larga mobile.
I Paesi che dunque sapranno meglio cavalcare l’onda della fibra potranno accreditarsi fra quelli che si candidano a guidare lo sviluppo della quinta generazione mobile. Gli altri resteranno inevitabilmente indietro e non potranno sfruttare appieno le potenzialità del 5G né tantomeno dell’Internet of things in particolare nella sua declinazione “smart manufacturing”, quella che ha bisogno di connessioni robuste e affidabili.
Densità e flessibilità. Flextube®, i cavi in fibra ottica con la fibra insensibile alla piegatura BendBrightxs di Prysmian, sono la ricetta per sposare due requisiti che sembrano apparentemente antitetici. Le prime installazioni sono state realizzate in Australia, nella baia di Sydney, con risultati unici nel settore.
Il protagonista è il nuovo cavo 1728 fo Flextube® che nello stesso condotto da 32 mm è in grado di portare molta più fibra ottica rispetto al precedente cavo 624 fo LT mantenendo la completa retrocompatibilità e senza bisogno di cambiare gli apparati per l’installazione e la manutenzione dei cavi. «La nostra fibra insensibile alle piegature e curvature – spiega Alice Codenotti, Telecom Account Manager di Prysmian – ci permette di aumentare la densità nei tubi. Poter offrire ai nostri clienti i cavi con la maggior densità di fibra ottica al mondo in una ampia varietà di ambienti consente loro ancora più flessibilità nella fase di progettazione e potenziali risparmi. L’Australia è il primo paese a cogliere questa opportunità e i suoi benefici».
Le due installazioni realizzate in Australia sono tra loro di tipologia diversa: il cavo sottomarino a più alta densità del Paese per FirstPath e l’installazione per il Sydney Data Centre di Vocus. Vocus Communications è da anni cliente della tecnologia Flextubexs, ed ha realizzato installazioni con una densità massima di fibra che è arrivata a 4,16 f/mm2 utilizzando un cavo con diametro da 23 mm, approssimativamente della stessa dimensione di altri cavi a minore capacità.
«Per tre anni – dice Alex West, Chief Operating Officer di Vocus – abbiamo testato i cavi Flextubexs a dimensione ridotta. Uno dei loro pricipali benefici è il costo ridotto rispetto alla fibra che portano. Istallare un cavo Flextubexs da 1728 elementi di fibra ottica costa più o meno come installare un cavo tradizionale da 624 elementi. Questo riduce oltre la metà il costo per elemento di fibra istallata. In un mercato molto competitivo è un grande vantaggio».
Il progetto di Vocus richiedeva portare alla massima densità di fibra ottica possibile dei condotti pre-esistenti per un cliente del data center dell’azienda con particolari esigenze di connettività. Con Flextubexs la densità di fibra ottica è potuta aumentare in maniera considerevole. Differente l’impiego per FistPath, il più grande operatore privato di fibra ottica in Australia, che da tempo stende cavi in fibra attorno alla baia di Sydney. Con questo nuovo progetto ha potuto installare due cavi sottomarini che attraversano direttamente la baia utilizzando i tubi sottomarini ad alta densità Flextubexs con 720 elementi in fibra. È l’installazione sottomarina a maggiore densità del continente australiano. Costruiti da Prysmian negli impianti di Western Sydney, i cavi corrono da Dawes Point a Blues Point e sotto l’Harbour Bridge. Come spiega il Ceo di FirstPath, Stephen Carter, i nuovi cavi uniscono Sydney alla costa nord e permettono di arrivare con bassissima latenza ai data center di ASX, Metronode, Equinix e Global Switch. Alla base della performance della tecnologia per la fibra ottica BendBrightxs di Prysmian c’è la piena retrocompatibilità tecnologica e di installazione con la capacità di essere insensibile alle flessioni e curvature: BendBrightxs può essere piegato fino a un raggio di soli 7,5mm senza compromettere la trasmissione del segnale lungo il cavo ed è insensibile anche a piegature.
Aumenta il bisogno di connettività, sia della velocità che della capacità. E aumenta quindi il bisogno di infrastrutture in grado di fornire volumi enormi di bit a utenti in tutto il mondo, sia in mobilità che da postazioni fisse. In questo scenario si sta ponendo però una questione della quale si parla relativamente poco: la qualità della fibra che deve garantire il funzionamento delle infrastrutture e, in ultima analisi, connettere ciascuno di noi alla rete.
È in quest’ottica che Europacable, l’associazione nata nel 1991 dei principali produttori di cavi del Vecchio continente, ha deciso pochi mesi fa di lanciare il primo Europacable Industry Charter durante l’assemblea generale del 2015. Come ha detto il presidente Valerio Battista (ndr. CEO di Prysmian Group), «Noi, membri di Europacable, ci siamo impegnati a sensibilizzare l’opinione pubblica e ad elevare e difendere la qualità e gli standard del nostro settore contro il sempre più crescente pericolo di prodotti substandard. La nostra iniziativa Europacable Industry Charter è l’espressione del nostro impegno collettivo per dei principi e degli obiettivi di sviluppo e produzione dei cavi che siano etici, sostenibili e di alta qualità».
Il riferimento è per innalzare gli standard in un settore nel quale sono presenti, sul mercato mondiale, sia produzioni di scarsa qualità di materiali che più in generale problemi etici sulle modalità di produzione.
Va considerato che la costruzione di infrastrutture a basso costo
porta con sé numerosi problemi di qualità del servizio e ha molto spesso come conseguenza la scarsa tenuta dell’investimento.
L’impegno dell’industria non è solo per soddisfare i requisiti di base della legge, ma anche per assumere un ruolo proattivo nel monitoraggio e nella valutazione di problemi emergenti, e la ricerca di soluzioni innovative che permettano di superare i requisiti minimi previsti dalla legge. La sfida più grande per l’Europa in questo momento storico è quella di dotarsi di una infrastruttura moderna in grado di costruire un’architettura digitale di qualità e questo rappresenta una grande opportunità per l’industria del business digitale. Le fibre posate oggi dovranno funzionare al massimo della prestazione per almeno 30 anni, per questo si dovranno utilizzare prodotti eccellenti fin da subito.
Quando si parla di cavi non si fa riferimento solo alla fibra ottica o comunque ai cavi per la trasmissione dati, ma il tema qualità tocca anche tutto il settore della produzione in senso ampio, ossia l’intera industria dei cavi isolati, inclusi i cavi per l’energia, per applicazioni industriali, per le costruzioni, per il settore “automotive”, per applicazioni speciali, cavi in fibra ottica e rame per le telecomunicazioni, così come i fili smaltati e gli accessori di media tensione.
L’Europa ha competenze e know-how tecnologico costruito lungo un arco di tempo molto lungo, e con Europacable, che rappresenta la quasi totalità dell’industria dei cavi del Vecchio
continente, l’obiettivo è quello di fare da punto di incontro per le aziende del settore e i portatori di interessi, con informazioni tecniche in materia di prodotti, attività di coordinamento nei processi di standardizzazione e in generale con un ruolo che punta ad incrementare la visibilità dell’intera settore industriale dei cavi. La qualità dei cavi ha in tutto questo un ruolo chiave.
Il cervello umano è una macchina biologica straordinaria, complessa e molto efficiente. I tentativi di simularla utilizzando tecnologie informatiche sino a questo momento sono stati molto limitati. Un computer che cerchi di restituire l’attività elettrochimica di neuroni, assoni e soprattutto la rete di sinapsi che connette anche il sistema nervoso centrale, è infatti molto inefficiente. Questo anche perché i chip di silicio funzionano da un punto di vista fisico in maniera molto diversa dagli assoni (utilizzati per la propagazione delle informazioni) e dalle sinapsi (giunzioni altamente variabili).
Così, sino ad oggi i tentativi di simulare ambienti composti da reti complesse di assioni e sinapsi sono di sei-nove ordini di grandezza meno efficienti. Simulare 5 secondi di attività cerebrale richiede 500 secondi e 1,4 Megawatt di potenza (rispetto all’equivalente di 20 Watt consumati nei momenti di picco dal cervello).
Un nuovo filone di ricerca è stato aperto affrontando il problema da una prospettiva completamente diversa: ricreare un cervello anche dal punto di vista strutturale utilizzando però componenti allo stato solido e non organico. Per questo è determinante la ricerca che è stata portata avanti sul microfibre metal-solfuro amorfo capace di abilitare “sinapsi fotoniche”, cioè sinapsi artificiali in una particolare tipologia di fibra ottica nelle quali, anziché impulsi elettrochimici, transitino fotoni.
Nel paper “Amorphous Metal-Sulphide Microfibers Enable Photonic Synapses for Brain-Like Computing” pubblicato dalla rivista scientifica Advanced Optical Materials (scritto da Behrad Gholipour, Paul Bastock, Chris Craig, Khouler Khan, Dan Hewak e Cesare Soci) viene infatti presentata una soluzione neuromorfica che risolve i principali problemi dei precedenti tentativi di costruire sistemi digitali strutturati come un cervello, cioè la banda passante e il consumo energetico. Grazie al lavoro svolto presso il Centre for Disruptive Photonic Technologies della Nanyang Technological University (NTU) di Singapore e l’Università di Southampton, si è arrivati a provare che reti neuromorfiche complesse e ad alta capacità/basso consumo possono funzionare su chip realizzati con fibra ottica basata sull’ossisolfuro di Gallio Lantanio.
I chip permettono di comunicare utilizzando variazioni di polarizzazione, intensità e lunghezza d’onda della luce grazie alle proprietà dei materiali calcogenuri. La maggiore densità ottenibile con l’utilizzo di questi materiali permetterà in futuro di superare anche il numero di neuroni presenti nel nostro cervello, che è attorno agli 86 miliardi. Un numero già enorme che permette le connessioni che ci danno la possibilità di avere una coscienza di noi, di apprendere, ricordare, immaginare ed esprimere i nostri pensieri. Gli scenari futuri sono straordinari: sia per la ricerca nel settore delle reti neuromorfiche che in quello della computazione tradizionale, che potrebbe vedere cambiare il modo in cui si progettano e realizzano i chip dei computer grazie alla fibra ottica.
Dal primo luglio del 2015 c’è obbligo di banda larga per gli edifici nuovi e ristrutturati. È una norma contenuta nello Sblocca Italia, aggiunta in sede di conversione del decreto (DL 133/2014) con legge 11/11/2014 n. 164. In particolare, ci sono alcuni punti rilevanti: tutte le nuove costruzioni e ristrutturazioni che richiedano il permesso di costruire dopo il primo luglio del 2015 dovranno avere una infrastruttura fisica multiservizio passiva interna con adeguati spazi installativi e con impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. Inoltre, tutti gli edifici di cui sopra dovranno essere equipaggiati di un punto di accesso, cioè un punto fisico situato all’interno o all’esterno dell’edificio che sia accessibile alle imprese autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione. Gli edifici che adempiono a questi obblighi possono esporre la targa “predisposto alla banda larga”.
Cosa significa in pratica questo? Lo abbiamo chiesto a Claudio Moscardo, Telecom Solutions Manager Prysmian Cavi e Sistemi Italia.
“È una normativa che abbiamo seguito nelle varie fasi prima che diventasse legge: facciamo infatti parte dei comitati tecnici di telecomunicazione che lavorano per costruire questo tipo di rete legislativa dove portiamo come contributo attivo la nostra esperienza accumulata in altri paesi dove il gruppo è presente. Questa normativa in realtà fa parte di un processo molto lungo di liberalizzazione”.
Quali
sono stati gli snodi più importanti? Pensandoci, già con l’accesso telefonico tradizionale si poneva la stessa questione: la borchia stampigliata e numerata che prima veniva messa solo dall’azienda di Stato, la Sip, era il servizio che permetteva di collegare le unità abitative. Ma non c’è stata solo quella: anche i servizi di acqua, corrente elettrica, gas. La rivoluzione è iniziata con l’energia attraverso la liberalizzazione dell’impianto: “noi compagnia elettrica portiamo il contatore solo se tu utente hai fatto un impianto a norma firmato da un elettricista iscritto all’albo”. Stessa cosa è successa per il gas. Abbiamo cominciato, poi, a modificare gli appartamenti anche per altri motivi: satellite, antifurto, domotica. Ci siamo però dimenticati della banda larga.
Qual è il
vantaggio adesso?
L’unità immobiliare comincia ad essere interessante quando è predisposta per i servizi di nuova generazione. Cioè per servizi di scambio di informazioni: multimedialità, streaming ma anche domotica che porta concreti vantaggi economici. I vantaggi della domotica non sono solo di qualità della vita ma anche di risparmio: sensori che monitorano la presenza di una figura umana nella casa e alzano e abbassano la temperatura di conseguenza, proteggono l’ambiente da malintenzionati, gestiscono automaticamente alcuni servizi. Tutto questo scambio di informazioni sarà sempre più importante in tempo reale.
Cosa
porta dunque la normativa?
Il permesso di costruzione o ristrutturazione estesa viene rilasciato se si dimostra che l’appartamento è predisposto per la fibra ottica. La presenza di un punto di accesso è infatti importante per una villetta, ma lo è ancora di più per un condominio, in quanto vuol dire avere un vero e proprio snodo e canaline con la fibra ottica predisposta o già posata. Arrivare dentro il singolo appartamento con la fibra è importante poiché semplifica molte cose: gli dà un valore aggiunto e rende la connessione l’equivalente dell’energia elettrica. Nessuno pensa di comprare una casa e poi installarci l’impianto elettrico o quello dell’acqua.
I
vantaggi sono per gli operatori o per gli inquilini?
Per entrambi. Dal punto di vista dell’operatore vuol dire poter raggiungere subito e molto rapidamente i clienti. Ma per gli inquilini vuol dire poter scegliere ed eventualmente cambiare con facilità l’operatore perché c’è già la predisposizione e non ci sono costi di installazione dell’infrastruttura. Si supera la vera difficoltà che oggi è quella di entrare in un condominio e ridistribuire il canale.
Perché è
difficile?
Occorre rivolgersi all’amministratore, accordarsi sui tempi, coinvolgere degli operai per i lavori, avere l’eventuale approvazione del condominio tramite le assemblee. È la stessa cosa accaduta con la tv satellitare, la cui diffusione ha subito un rallentamento anche per questo motivo.
Secondo i
dati pubblicati prima dell’estate da Agcom, la penetrazione della banda
ultralarga in Italia è al di sotto del 5%. Un dato inquietante.
Sì, molto. È normale che con la concorrenza ci possano essere cali di ricavi per gli operatori che si devono reinventare i servizi da offrire ma il calo delle utenze e una bassa penetrazione sono questioni completamente diverse. Con la crisi diminuiscono gli investimenti verso i servizi non essenziali, ma le famiglie sanno che non possono esimersi da investire per avere banda larga e ultralarga, in quanto attraverso questo genere di infrastruttura possono attingere a tutta una serie di benefici in termini di tempo e risparmio in genere. È un canale aggiuntivo per arrivare all’informazione e ai servizi in tempo reale. La differenza tra i 20 megabit o anche i 100 megabit rispetto ai 2 di una Adsl di periferia è un divario enorme, che il consumatore percepisce sicuramente. Il vantaggio della normativa è che consente alle compagnie telefoniche di arrivare prima e meglio, a costi più bassi perché i palazzi sono già predisposti. Questo dovrebbe aiutare.
La
penetrazione della fibra nelle case è ostacolata dalla tipologia di ambienti in
cui deve essere posata? Dopotutto, le canaline dei cavi elettrici hanno angoli
di curvatura a volte molto forti.
La soluzione dal nostro punto di vista esiste già da anni. Si chiama VerticasaXS e fu lanciata commercialmente e tecnicamente prima del 2011 con una fibra chiamata CasalightTM - oggi BendBrightTM - e che permette facili installazioni in ambienti con forte grado di difficoltà . Niente problemi per raggi di curvatura anche molto forti. È stata studiata tra il 2005 e il 2006, è sul mercato dal 2008 e dal 2011 è disponibile per i principali operatori, tra cui Tim-Telecom Italia, nostro principale cliente in Italia.
Quali
criticità per i tecnici, architetti e ingegneri, che devono inserire nei loro
progetti la fibra ottica?
In sostanza nessuna. La storica difficoltà nel maneggiare la fibra ottica, considerando che è un elemento di vetro, oggi è molto ridimensionata, grazie all’evoluzione tecnica. VerticasaXS è un prodotto maturo sul mercato da tempo. Abbiamo tutte le standardizzazioni normalizzate dall’ITU, l’ente internazionale per le telecomunicazioni. È un passaggio molto importante, perché la normativa ITU afferma che la fibra sopporta certi raggi di curvatura, compressione, allungamento. La normativa prevede cosa può fare la fibra con valori medi e massimi; il nostro prodotto non solo è compliant, ma supera notevolmente gli standard previsti.
In quali
paesi la fibra dentro casa, o FTTH, è partita in maniera più rapida?
Nei paesi che hanno visto una rapida crescita economica negli ultimi anni e in quelli di piccole dimensioni: Lituania, Estonia, Andorra. Sono cablati a percentuali elevatissime. Il colosso europeo Orange, che è nostro cliente, lavora molto anche fuori dall’Europa; in Australia siamo presenti con Telstra...anche se è opportuno distinguere tra differenti tecnologie in differenti mercati.
Quali
sono?
Fondamentalmente sono tre: in Europa la nostra tecnologia è la più diffusa, negli Usa si segue un modello parzialmente diverso ma in qualche modo collegato all’europeo; in Asia, in particolare in Giappone, è adottata da tempo una tecnologia di costruzione della fibra che differisce dalle prime due.
L’Italia
è stato uno dei paesi pionieri della fibra ottica nel mondo, comunque
Sì. Già alla fine degli anni Settanta sono stati realizzati i primi collegamenti ottici a Torino. C’erano Pirelli, Stet con Sirti, il Politecnico. I primi collegamenti COS1 e COS2 oggi, forse, ci fanno sorridere perché erano distanze di un alcuni chilometri, ma all’epoca rappresentavano record mondiali. Una storia antica che ha visto come protagoniste società Italiane come Telettra e Italtel, che oggi ritroviamo rispettivamente in Nokia e in Cisco, come referenze di un glorioso passato che si proietta nel futuro. Abbiamo fatto moltissimo nel corso degli anni ed è naturale che la fibra ottica nel mondo parli ancora e sempre più italiano.
Portare la fibra ottica nelle case degli italiani. È questa la sfida su cui si sono accesi i riflettori da parte del governo – attraverso la realizzazione dell’infrastruttura pubblica nelle aree a fallimento di mercato – nonché degli operatori di Tlc e della new entry Enel.
Nonostante gli annunci al rilancio – le aziende in campo hanno progressivamente aggiornato i propri piani di investimento dedicati al Ftth (fiber-to-the-home) – la partita non sarà semplice. Dalle lungaggini condominiali alla mancanza di spazi idonei per ospitare le apparecchiature di rete, dall’obsolescenza delle canaline ai regolamenti condominiali: queste alcune delle questioni con cui bisognerà inevitabilmente fare i conti nonostante il nuovo decreto fibra ottica e le misure approvate nello Sblocca Italia che dal primo luglio del 2015 obbligano già i costruttori ad equipaggiare i nuovi edifici, nonché quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, con un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio dotata di spazi installativi adeguati e progettata tenendo conto anche delle esigenze di connettività future. A un anno dall’entrata in vigore delle nuove regole però non è dato sapere quanti siano gli edifici effettivamente a norma: stando ad alcuni addetti ai lavori non tutti gli edifici di nuova costruzione sono dotati delle infrastrutture adeguate. I cantieri partiti prima dei nuovi obblighi di legge avrebbero sortito edifici “vecchi” e a parte la lungimiranza di qualche progettista per il resto gli altri avrebbero operato senza porsi più di tanto il problema. Eppure il cosiddetto modello “Build It First, Fix It Later” non può più funzionare ed è imprescindibile considerare sin dalla progettazione i bisogni di connettività in-building per evitare costi più alti in caso di interventi successivi e disagi agli inquilini.
L’edificio multi-impianto è una struttura complessa che si compone di una serie di elementi: il Csoe (Centro stella ottico di edificio), la Stoa (Scatola di terminazione ottica di appartamento), il Qdsa (quadro distributore dei segnali di appartamento). Tutte “sigle” con le quali bisognerà imparare a fare i conti. Ma secondo recenti stime solo il 10% degli edifici sarebbe adeguatamente predisposto sia per assicurare il diritto di libertà nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica sia per favorire la riduzione dei costi di installazione di impianti per le comunicazioni elettroniche. Il 90% degli impianti è potenzialmente soggetto a interventi di modifiche o adeguamenti di sorta nel corso degli anni. E ammonterebbe a oltre il 60% la percentuale di “rinunce” per mancanza di adeguati spazi installativi. Non solo: il cablaggio verticale necessita di adeguate professionalità e quindi sarebbe auspicabile un “piano” di formazione per non rischiare di inficiare le performance in termini di velocità di connessione e qualità del servizio ultrabroaband. Solo per fare un esempio il mancato rispetto del raggio di curvatura dei cavi potrebbe persino pregiudicare il funzionamento degli impianti. Va da sé dunque che bisognerà affidarsi a quelle aziende dotate di competenze e tecnologie in grado di “vestire” a nuovo gli edifici. In Italia le best practice non mancano e si tratta di quelle aziende il cui core business è rappresentato proprio dalla fibra e delle tecnologie collegate ossia da quelle infrastrutture che consentono l’interoperabilità fra gli impianti e la realizzazione di funzionalità evolute.
Il “cantiere” Ftth è dunque tutto da avviare e le opportunità per il mercato sono elevatissime: stando alle ultime rilevazioni Infratel ad oggi solo il 10% delle unità immobiliari è raggiunto con architetture Ftth, Fttb (fiber-to-the-building) contro una media europea del 18,7% e Fttdp (fiber-to-the-distribution-point). E l’Fttn (fiber-to-the-node) è ancora a quota 26,4% contro il 68% dell’Europa.
Per scrutare nelle profondità della nostra galassia serve anche la fibra ottica. Lo dimostra il progetto attualmente in fase di realizzazione dello Square Kilometre Array (SKA), il più grande radiotelescopio al mondo che rivoluzionerà letteralmente la nostra capacità di comprendere l'universo.
SKA verrà costruito in due fasi (SKA 1 e SKA 2) a partire dal 2018. Quando la prima fase della realizzazione entrerà in linea, rappresenterà solo una frazione dello strumento finale. Eppure solo il radiotelescopio in Sudafrica a partire dal 2020 produrrà un quantitativo di dati sufficiente a riempire gli hard disk di 340mila laptop ogni giorno: due terabyte al secondo, pari a 62 exabyte all'anno. SKA è composto da due serie di telescopi in rete: uno (fatto da un milione di antenne) per le basse frequenze con sede in Australia e l'altro con 2500 antenne per le medie frequenze in Sudafrica. La capacità di raccogliere gli impulsi radio nelle frequenze comprese tra i 50MHz e i 14GHz rendono SKA 50 volte più sensibile e mille volte più veloce del miglior radiotelescopio oggi esistente. La potenza di calcolo necessaria a processare i due Terabyte di dati al secondo che verranno registrati dal radiotelescopio australiano e gli oltre 150 Terabyte di dati al secondo (cinque volte il traffico complessivo dell'Internet di oggi!) è pari a quella di 100 milioni di personal computer. La logica con la quale è stato progettato SKA è quella di poter ottenere il massimo dalla superficie coperta da antenne per il più lungo tempo possibile: il radiotelescopio sudafricano coprirà una superficie di 33mila metri quadri (pari a 126 campi da tennis) ed è composto da dischi collocati a distanza regolare e connessi tra loro, con il centro di calcolo da una rete di fibra ottica che deve essere molto affidabile e deve essere in grado di sopportare l'inclemenza del deserto: temperature molto elevate, forte escursione termica tra notte e giorno, abbondanza di sabbia e altri agenti atmosferici disturbanti.
È fondamentale che la fibra ottica sia in grado di trasportare per grandi distanze le enormi quantità di dati prodotte che verranno analizzate in maniera completamente diversa rispetto al passato. Per riuscire a gestire la mole continua, dato che i due radiotelescopi non verranno mai "spenti" e riceveranno sempre i radiosegnali provenienti dallo spazio, sarà necessario utilizzare tecniche di machine learning e di analisi dei big data in tempo reale. I due elementi che devono durare di più del progetto sono le antenne e la dorsale in fibra ottica che permetterà di mantenere una capacità costante di raccolta e trasmissione dei dati: alla fine la raccolta e l'analisi dei dati in tempo reale verrà svolta su cluster di computer che verranno aggiornati con un ciclo molto più rapido. Ci sono almeno 100 centri di ricerca ed aziende di venti paesi diversi, per un totale di 500 persone coinvolte nella sola progettazione di SKA, che si rivelerà uno strumento estremamente prezioso per lo studio della nostra galassia e oltre.
Come spiegano gli scienziati che hanno voluto questo strumento, con SKA sarà possibile conoscere molto meglio la materia e l'energia oscura, le galassie, le formazioni di stelle, i buchi neri, gli effetti della gravitazione. Sarà possibile osservare fenomeni ad esempio sulla gravità che non sono riproducibili sperimentalmente in laboratorio e sarà anche possibile approfondire fenomeni finora rimasti al di là della nostra portata come ad esempio quello importantissimo delle stelle pulsar. Le pulsar sono i resti "pulsanti" delle stelle quando diventano supernova ed esplodono. Sono estremamente piccole da un punto di vista astronomico (come una città) e ruotano in maniera estremamente veloce, emettendo a ogni rivoluzione impulsi su frequenze radio diverse (da cui il nome). Nella nostra galassia è calcolato che ce se ne possano osservare circa 200mila, ma di queste finora abbiamo avuto strumenti sufficientemente potenti per poterne "sentire" solo un quinto. Eppure le pulsar, che ruotano con una frequenza estremamente regolare, sono oggetti molto importanti per l'astrofisica perché consentono di capire moltissime cose sull'universo che ci circonda: effetti della gravitazione, buchi neri singoli o binari, in orbita l'uno attorno all'altro. Si potranno anche verificare molte ipotesi che nei decenni generazioni di fisici a partire da Albert Einstein hanno preparato ma che non è mai stato possibile finora testare in pratica.
Un passo in avanti che permetterà di rispondere a domande che ci poniamo da decenni e di trovare anche altre risposte a domande nuove, che ancora non ci siamo posti.
Sarà un autunno caldo quello della banda ultralarga italiana. È fissata al 30 settembre la deadline per candidarsi al secondo bando Infratel per la realizzazione della rete ultrabroadband pubblica in 10 regioni (Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle D’Aosta) più la Provincia autonoma di Trento. Un’altra data importante in calendario sarà il 17 ottobre, giornata ultima per le aziende che si sono pre-qualificate al primo bando Infratel per le prime sei Regioni, ossia Abruzzo-Molise (considerate un’unica area), Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto. Enel Open Fiber, Fastweb, Metroweb Sviluppo, Tim Agenda digitale, Estra e E-Via le sei aziende che hanno deciso di scendere in campo per la realizzazione delle nuove reti.
La mappa nazionale della banda ultralarga si va dunque definendo: con la pubblicazione del secondo bando, pubblicato a inizio agosto, risultano infatti impegnate il 91,8% delle risorse complessive messe a disposizione del piano per le aree bianche.
In dettaglio gli interventi previsti dal primo e secondo bando interesseranno potenzialmente 12 milioni di cittadini in 6.710 Comuni per un totale di 7,4 milioni di unità abitative o aziendali. Il tutto grazie a quasi 3 miliardi di risorse pubbliche.
Dalla partita restano escluse al momento solo Calabria, Puglia e Sardegna, alle quali – a quanto risulta - sarà destinato un apposito bando che con tutta probabilità vedrà la luce nella prima parte dell'autunno per partire con le gare il prima possibile. Il “ring” autunnale potrebbe scaldarsi ulteriormente, persino infiammarsi: a luglio scorso Telecom Italia, sebbene si sia candidata al primo bando (e probabilmente parteciperà anche agli altri due), ha presentato ricorso al Tar contro la delibera Agcom 120/2016 che regola la vendita wholesale indicando che i prezzi devono essere applicati a condizioni eque e non discriminatorie al fine di scongiurare fenomeni anticoncorrenziali come il dumping. La tesi di Telecom, se accolta, rischia potenzialmente di invalidare le gare Infratel: secondo l’azienda guidata da Flavio Cattaneo, anche la società in-house del Ministero dello Sviluppo economico (Infratel), dovrebbe passare per i cosiddetti “test di prezzo” per fissare le tariffe (cosa che la norma attuale non prevede) per non minare la parità di trattamento tra gli operatori. Il ricorso di Telecom non è l’unico sul piatto: ricorsi sono stati presentati anche da Fastweb, Eolo e Wind e la lista potrebbe allungarsi.
Il governo da parte sua inizia intanto a lavorare sulle aree “grigie”, quelle a operatore unico dove – secondo il piano “Italia 4.0” si concentra il 69% delle imprese alle quali sarà necessario portare la rete ad alta velocità se si vorrà perseguire la strategia Industria 4.0, su cui punta molto il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Strategia su cui scommette molto anche la “nuova” Confindustria a guida Vincenzo Boccia.
RetractaNetxs riunisce in un unico sistema le eccellenze tecnologiche di Prysmian Group in fatto di Fibra, Cavo e Accessori.
Arrivare da tutto il mondo e ritrovarsi in una località italiana prestigiosa, accomunati da due caratteristiche: l’amore per il sapere libero e l’abitudine ad essere sempre connessi alla rete. Quando lo scorso giugno si sono ritrovati a Esino Lario, sul lago di Como, per partecipare all’edizione 2016 di Wikimania, la conferenza degli utenti dei progetti di Wikipedia, le quasi 1500 persone provenienti da tutto il mondo hanno trovato anche una connessione in fibra ad alta velocità che ha reso l’evento uno dei più apprezzati e meglio connessi dal 2005, anno della prima conferenza di Wikimania a Francoforte.
Merito dell’organizzazione italiana della conferenza e del comune, di Esino Lario, certamente, ma merito anche della flessibilità ed efficacia della soluzione in fibra ottica utilizzata per portare internet a larga banda fino al piccolo comune incastonato nel monte che guarda Bellagio e uno dei panorami più belli al mondo.
La soluzione tecnologica per la realizzazione dell’intero collegamento del Comune è RetractaNetxs di Prysmian Group.
RetractaNetxs utilizza un cavo contenente moduli di fibra che possono essere facilmente estratti tramite la creazione di piccole aperture nella guaina. Attraverso degli accessori innovativi sviluppati appositamente da Prysmian, le fibre vengono poi indirizzateverso gli edifici di destinazione in maniera veloce e sicura. Il sistema è estremamente rapido e facile da installare e, per la conferenza Wikimania di Esino Lario, RetractaNetxs ha raggiunto l’interno di scuole, musei, cinema e municipio, utilizzando l’infrastruttura pubblica esistente, come la rete della pubblica amministrazione. È un risultato notevole sia in termini di flessibilità che di tempistica e di un significativo contenimento dei costi da parte del committente, con un risultato senza compromessi.
In Italia questo progetto è stato particolarmente importante perché ha segnalato chiaramente l’esistenza di una tecnologia per la connettività che è stata utilizzata con successo da parte di un grande gruppo di utenti che hanno nella connessione internet una delle ragioni di essere come gruppo. Sempre più spesso questo si può dire di gruppi informali, di scuole, associazioni e di aziende.
«Siamo orgogliosi –ha detto l’AD commerciale di Prysmian Italia, Carlo Scarlata – di aver preso parte a questo importante progetto e di aver contribuito al successo di questo evento, permettendo a centinaia di partecipanti di godere di una connessione ultra veloce durante la conferenza. Questo lavoro rappresenta un’esperienza molto importante per Prysmian, che può essere replicata anche in altre parti d’Italia dove è necessaria una rete in fibra ottica capillare. La flessibilità e facilità di installazione del sistema rendono RetractaNetxs la soluzione perfetta per realizzare la rete di accesso in fibra ottica».
Ma cos’è RetractaNetxs? Non si parla del solito cavo, ma di una soluzione che a fianco della fibra classica ha saputo ingegnerizzare dei componenti di Connettività Passiva ad-hoc che ne ottimizza la messa in opera. Studiata per consentire l’utilizzo in ambienti urbani o extraurbani, RetractaNetxs semplifica e riduce la necessità di interventi e scavo. Un singolo speciale cavo contenente al suo interno un numero di fili di fibra ottica, ne permette l’estrazione in modo semplice ed innovativo quando è necessario operare biforcazioni e portare il servizio ad un punto di utilizzo.
La semplicità delle operazioni che questa soluzione permette di raggiungere, offre anche il vantaggio di non richiedere personale altamente qualificato per operare la sua messa in opera e le derivazioni: un’ulteriore forma di risparmio sia nei costi di gestione che nei tempi di realizzazione degli interventi. Se n’è accorto il comune di Esino Lario, che oggi ha una infrastruttura cablata in fibra ottica all’avanguardia, ma se ne sono accorti anche i partecipanti a Wikimania, che hanno potuto navigare in rete da una delle più belle location italiane senza rallentamenti o interruzioni.
La banda ultralarga è uno dei pilastri portanti della strategia Industria 4.0. I riflettori sono tutti puntati sulle cosiddette aree “grigie”, quelle non propriamente a fallimento di mercato, ma sulle quali sarà necessario investire per garantire le connessioni veloci, in particolare alle imprese. Stando a quanto evidenziato dallo stesso ministro Carlo Calenda, nelle aree grigie opera il 69% delle imprese, ossia la maggioranza, e se è vero che sono numerosi i progetti di infrastrutturazione, in particolare a livello di “distretti” – si pensi a quello di Prato, il primo “all-fibre” d’Italia – è anche vero che la mappa si presenta a macchia di leopardo.
È nel mix di investimenti pubblico-privato che il governo vorrebbe trovare la quadra, ma il condizionale è d’obbligo: il “dossier” è sul tavolo della Commissione europea e in ballo c’è la questione degli aiuti di Stato. Ad ogni modo individuare la soluzione è l’obiettivo che si è dato il governo, dato che senza banda ultralarga il Piano Industria 4.0 non potrebbe attuarsi completamente . In dettaglio, la strategia nazionale prevede di garantire 30 Mbps a tutte le aziende entro il 2020 e 100 Mbps almeno al 50% delle aziende. L’impegno privato è stato stimato in 6 miliardi di Euro (stando ai piani di investimento degli operatori di Tlc già comunicati) e il governo - da parte sua - intende stanziarne altrettanti, nello specifico 6,7 miliardi di Euro nel triennio 2017-2020. Una cifra che riuscirebbe a innescare un interessante effetto domino in termini di produttività, redditività e quindi di Pil-Paese e che darebbe, inoltre, un colpo di acceleratore all’ambizioso obiettivo annunciato qualche giorno fa dal premier Matteo Renzi, ossia traghettare l’Italia nella “gigabyte society”. Per questo – ha affermato “c'è bisogno di una gigantesca operazione di infrastrutturazione della banda larga". Ma quanto vale davvero la partita? Secondo un’analisi dell’Istat la disponibilità di banda ultralarga comporterebbe un aumento di produttività da parte delle imprese, variabile dal 7% fino al 23%. I maggiori benefici si registrerebbero nel settore dei servizi (al netto del Commercio); a seguire il settore delle Costruzioni, con un aumento di valore aggiunto stimato dell’11% e poi Commercio e Industria entrambi con proiezione al +9%. L'aumento medio del valore aggiunto per addetto a livello Italia risulterebbe essere di circa 4.900 euro. Ma la strada è ancora lunga: secondo i dati di EY i servizi ultrabroadband sono utilizzati da poco più del 5% delle imprese SoHo (1-9 addetti) e da circa il 15% delle Sme.
Fame di banda. Il bisogno di sempre maggiore capacità e velocità sta trasformando l’infrastruttura di Internet. L’obiettivo oggi è già quello di arrivare a 400 gigabit al secondo: un obiettivo dettato dalle nuove applicazioni e tecnologie che vengono usate quotidianamente in tutto il pianeta e, ovviamente, dalla moltiplicazione degli apparecchi smart, la cosiddetta Internet of Things. C’è bisogno di raggiungere i 400 Gbps anche per alimentare le dorsali di comunicazione e il traffico all’interno dei datacenter. I “grandi” della rete come Google, Apple e Facebook spostano enormi quantità di dati non solo verso i propri clienti ma anche attraverso i loro datacenter. La soluzione per arrivare a questa velocità è allo studio degli esperti.
Prysmian Group è in prima linea da sempre, costantemente impegnata nella ricerca e sviluppo per trovare soluzioni tecnologiche innovative. In occasione delle più importanti conferenze di settore, il Gruppo ha pubblicato numerosi paper di ricerca e ha dimostrato con prototipi funzionanti che è possibile raggiungere velocità prima inedite per il mercato. Prysmian ha il livello di specializzazione e i processi necessari per produrre in maniera continua “multimode fibres” e “few-mode fibre”, necessaria per le applicazioni a lungo raggio.
I 50 miliardi di apparecchi connessi attesi dagli analisti per il 2020 porteranno a un aumento esponenziale delle quantità di dati che vengono movimentati: il traffico delle reti Metro, ad esempio, nel 2019 aumenterà di 2,5 volte rispetto ai volumi del 2014, arrivando a toccare i 168 Exabyte al mese. Un passaggio che non sarà indolore se non si utilizzeranno tecnologie all’avanguardia: la realizzazione di nuovi centri di calcolo verrà pensata per gestire proprio questo tipo di volumi di dati e per scambiarli, sia all’interno del datacenter stesso, che orizzontalmente tra datacenter, che verticalmente dal centro di calcolo agli utenti esterni.
Il progetto attualmente più avanzato per arrivare a 400 Gbps per canale, con alta scalabilità e flessibilità del sistema di trasporto che utilizza sistemi di fibra ottica multicore con space division multiplexing, è il progetto SAFARI. Si tratta di un acronimo che sta per Scalable And Flexible optical Architecture for Reconfigurable Infrastructure, ed è portato avanti dall’Optoelectronics Research Centre (ORC) dell’Università di Southampton, da Corian e da DTU Technical University in Danimarca e dalle giapponesi NTT e Fujikura. L’obiettivo è arrivare a un hardware ottico programmabile che fornisca la velocità di 400 Gbps per canale.
Il lavoro è complesso e procede su fronti diversi: lo sviluppo della tecnologia ottica per il trasporto dei dati e il controllo di reti tramite soluzioni di SDN (Software defined networking), che si combina con soluzioni di fibra a capacità ultra-alta per connettere il layer fisico. Oggi si utilizza fibra multicore che arriva ad avere 19 nuclei, ma in futuro l’obiettivo è di aggiungerne molti di più evitando fenomeni di crosstalk, che impattano negativamente sulla qualità dei segnali.
La frontiera è quella della sperimentazione di differenti tecnologie per i cavi, con l’utilizzo di cavi “multimode fibres” e “few-mode fibre”, (che attualmente risultano più affidabili), e la standardizzazione dei risultati per arrivare a una definizione comune presso gli organi competenti (come IEEE) delle differenti capacità e caratteristiche della fibra e degli apparati capaci di trasmettere informazioni a 400 Gbps.
Ci sono ostacoli tecnologici da superare, come l’optical crosstalk menzionato poco sopra, e problemi architetturali, come quelli richiesti da una migrazione a più alta velocità di trasmissione. L’utilizzo di DSP (Digital Signal processing), FEC (Forward-error correction) e nuovi formati di modulazione (High-order Amplitude/Phase Modulation) e di Coherent detection schemes sono tra le chiavi della ricerca portata avanti da Prysmian in questo settore, e stanno portando allo sviluppo di risultati come la prima Wideband MMF (fibra multimodale a banda larga) che è chiamata WideCap-OM4. Questa fibra permette di avere maggiore velocità e qualità di livello OM4 mantenendo la compatibilità con i sistemi precedenti.
Analizzare le opportunità e le prospettive future generate dalla fibra e dalle nuove tecnologie installative, sottolineando l’importanza di una vera e propria cultura digitale che coinvolga tutti i settori dell’economia: dalla manifattura alla sanità, passando dall’Internet delle Cose fino alla comunicazione e all’intrattenimento. E’ stato questo l’obiettivo del convegno “Kairos: la cultura digitale attraverso la fibra e le nuove tecnologie installative” organizzato a Roma il 25 ottobre da Prysmian Group, leader mondiale nel settore dei cavi e sistemi per l’energia e le telecomunicazioni, e IATT – Italian Association for Trenchless Technology – con la partecipazione e il supporto dei principali protagonisti del settore: Italtel, Sirti, Infratel Italia e il Dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi di Milano.
Per massimizzare le opportunità portate da questo momento, le imprese di oggi devono gestire il cambiamento come parte integrante del loro normale business e capire quali siano gli impatti sull’organizzazione esistente.
La banda ultra larga raggiungerà tutti incondizionatamente: utenti privati, commerciali, industriali e istituzionali. Per questa ragione, andranno colte tutte le opportunità che operatori e professionisti del settore offriranno.
Prysmian, che fa innovazione da 40 anni nel settore delle fibre ottiche, migliora costantemente i propri prodotti con l’obiettivo di rendere la costruzione in Europa della rete a banda larga più facile ed economicamente sostenibile.
I soggetti pubblici sono chiamati a fare investimenti importanti per colmare un deficit infrastrutturale che gli operatori di mercato hanno lasciato su gran parte del territorio. Lo sviluppo di una nuova infrastruttura può garantire una crescita omogenea delle nuove imprese sul territorio senza che abbiano la necessità di trasferirsi per avere accesso alla banda ultra larga.
La sperimentazione è il mezzo con il quale raggiungere i risultati prefissati. Stiamo assistendo a un fermento di iniziative concorrenti e parallele e la sfida sarà trovare un punto di incontro che possa generare una adeguata competitività. L’Italia per diventare un top player digitale dovrà puntare su un’infrastruttura di rete forte e all’avanguardia.
In merito all’impiego delle nuove tecnologie, IATT sta definendo le norme che a livello nazionale indicheranno i nuovi standard da adottare in sostituzione degli scavi tradizionali e, parallelamente, sta sviluppando un’attività di formazione con gli ordini professionali, architetti, ingegneri, per sensibilizzarli all’utilizzo.
Oggi si discute anche un altro tema molto importante e particolarmente attuale, ovvero l’evoluzione dei processi, dei modelli di business e delle tecnologie portata dall’Internet of Things e dall’industria 4.0. L’industria italiana ha la necessità di cogliere le opportunità legate a questa innovazione in tanti settori, da quello economico fino ad arrivare ad aziende come Italtel e tante altre imprese italiane che possono trarre vantaggi contribuendo all’innovazione tecnologica e processiva nel settore. Proprio nelle ultime settimane è stata prevista l’adozione, nell’ambito della Legge di Stabilità 2016, di importanti misure di ammortamento velocizzato, rinnovo di macchinari, etc.. che sposano perfettamente il passaggio alle tecnologie 4.0.
L’IoT, quindi l’applicazione sistematica di sensori e di oggetti intelligenti alla produzione industriale e allo sviluppo delle attività economiche, comporta modifiche importanti rispetto alle reti di oggi dalle quali non si può prescindere: una copertura territoriale del 100%, una distribuzione della banda ultra larga con una latenza inferiore e, per quanto concerne il wireless, la velocizzazione di bande di frequenza per le telecomunicazioni.
La banda ultralarga sarà la chiave di volta per la ripresa del comparto dell’edilizia? A propendere per il sì è un’ampia schiera di esperti. Non a caso sulla questione si sono accesi i riflettori di convegni e dibattiti, complice l’entrata in vigore delle nuove norme, ossia la Legge 164/2014 che fissa l’obbligo, dal primo luglio del 2015, per gli edifici di nuova costruzione e per quelli in cui vengano effettuate opere di ristrutturazione significative, di realizzare un’infrastruttura fisica multiservizio passiva in cui far passare i cavi in fibra e, a seguire, il Dl 33 2016, meglio noto come Decreto Fibra Ottica, che estende l’orizzonte agli edifici esistenti, stabilendo il diritto e l’obbligo di consentire l’accesso agli operatori di rete.
Il mondo dell’edilizia e delle costruzioni si prepara dunque per la sfida degli smart building o di quella che più in generale è stata già ribattezzata Edilizia 4.0 affinché si marci di pari passo, quantomeno a livello programmatico, con il nuovo piano del governo Industria 4.0 che vede nella banda ultralarga il pilastro portante per la trasformazione digitale. A ulteriore riprova del fermento in atto, è da citare il protocollo di intesa siglato a fine ottobre fra l’Ance (l’Associazione nazionale dei costruttori) e Confindustria Digitale, mirato a creare un percorso che consenta alle imprese della filiera di recuperare produttività ed efficienza attraverso processi di trasformazione digitale. Portare la banda ultralarga negli edifici italiani consentirà non solo di garantire la connettività necessaria a sostenere le nuove esigenze in termini di domanda, crescente, di grandi quantità di dati, ma anche e soprattutto di sostenere l’avvento di quella che è da molti annunciata come la rivoluzione prossima ventura, ossia l’Internet of Things. Connettere gli “oggetti” domestici, a partire dagli impianti di illuminazione, riscaldamento ma anche quelli di sicurezza e infotainment necessiterà di un’infrastruttura di “base” solida, scalabile e performante. La fibra ottica si configura dunque come la situazione ideale.
La dotazione di infrastrutture di rete si configurerà inoltre come una “discriminante” ancor più significativa di quella oggi rappresentata dalla certificazione energetica, sostengono gli esperti, e diventerà un asset quantificabile economicamente: gli edifici cablati, alla stregua di quelli a basso consumo energetico, avranno un valore di mercato più alto. Tant’è che le strutture conformi ai nuovi obblighi di legge potranno fregiarsi dell’etichetta “edificio predisposto alla banda larga”. A tal proposito l’alleanza Ance- Confindustria Digitale prevede, fra le varie iniziative congiunte, proprio la realizzazione di una guida operativa – da diffondere a imprese e stakeholder pubblici e privati - sull'obbligo di cablaggio strutturato per i nuovi edifici, per consentire l’ottenimento del “bollino broadband”.
Per gli operatori dell’edilizia così come per le società di telecomunicazioni, ma anche per gli impiantisti e più in generale per tutti gli addetti alla filiera dell’edificio, inclusi progettisti e costruttori, si aprono opportunità di business più che interessanti. Secondo dati di Confartigianato solo il 10% degli edifici è ad oggi adeguatamente predisposto per accogliere le nuove reti. Si tratta soprattutto di edifici di nuova costruzione. Ma la partita vera si giocherà sugli edifici esistenti, quelli che dovranno essere “riqualificati” in nome dell’ultrabroadband, molti dei quali saranno raggiunti dalle reti in fibra oggetto dei bandi Infratel per le aree a fallimento di mercato (aree bianche) e che potranno dunque fare da volàno al nuovo “cantiere” Italia.
Record per la banda larga: 50mila volte più veloce.
Tutte e sei le stagioni di Game of Thrones, il popolare telefilm fantasy, in alta definizione: un centinaio di gigabyte che vengono trasmessi in appena un secondo. È il risultato che si ottiene con la nuova tecnologia per la fibra ottica “Super-channel”, ideata dai ricercatori dell’University College London (UCL) e che ha una velocità massima di 1,25 Terabit al secondo. Una rivoluzione per la banda larga che, quando verrà implementata, potrà cambiare in maniera radicale il modo con il quale si erogano servizi e prodotti digitali attraverso la rete.
Al cuore della nuova scoperta, che permette trasmissioni di dati 50 mila volte più veloci della banda larga attuale (quella convenzionalmente indicata da 24 megabit per secondo), c’è appunto la tecnologia “super-channel”, basata sull’invio contemporaneo di 15 impulsi di luce in parallelo con differenti frequenze. I “super-channel” sono un approccio comune per le connessioni senza fili, dato che permettono di utilizzare all’interno di una determinata fetta di spettro più canali in parallelo. I ricercatori inglesi per la prima volta hanno utilizzato questo approccio in una connessione via cavo in fibra ottica con risultati davvero strabilianti.
Siamo però lontani ancora molti anni dalla messa in commercio di questa tecnologia, che potrebbe rivoluzionare il modo con il quale vengono scambiate grandi moli di dati tra città, nazioni o continenti. Il problema è legato soprattutto alla difficoltà di sintonizzare emittenti e ricevitori ai due lati della fibra ottica con una precisione sufficientemente elevata.
Come spiega il capo del gruppo di ricerca, il professor Robert Maher, «Il nostro approccio di utilizzare un solo ricevitore cambia la performance di ogni sotto-canale ottico e questo richiede da parte nostra di ottimizzare con grande precisione il formato di modulazione e la velocità di trasmissione di ogni singolo sottocanale. Il vantaggio è che alla fine questo ha portato al più alto tasso di trasmissione mai raggiunto con un singolo ricevitore». La sfida per gli scienziati è che dovranno lavorare sull’usabilità poiché la tecnologia, che ancora non è stata portata al di fuori dei laboratori, non funziona sulle lunghe o medie distanze senza dover rimettere mano alla topologia della rete in fibra ottica e agli apparati utilizzati per farla funzionare.
I “super-channel” stanno diventando sempre più importanti per le trasmissioni di dati tra centri di comunicazione ottica: sono le future corsie delle grandi dorsali, le autostrade dell’informazione che spostano grandi quantità di dati fra i grandi snodi della rete.
Secondo i ricercatori, la tecnologia ha diversi aspetti positivi: l’approccio “super-channel” è scalabile con una complessità ridotta, cosa questa che permette di avere maggiore flessibilità e gestire la costante crescita di traffico che si registra su Internet.
«Potremmo pensare – dice Maher – di usare un numero limitato di subarrier per arrivare a 200 o 400 Gigabit per canale senza dover cambiare la sorgente e il ricevitore del segnale». Questa soluzione intermedia potrebbe accelerare i tempi di adozione e portare vantaggi incrementali man mano che la tecnologia matura e diventa utilizzabile anche a velocità maggiori.
La sostenibilità ricopre un ruolo centrale per il Gruppo Prysmian, da sempre impegnato a sviluppare un modello di business responsabile, attraverso l’adozione di un approccio che incoraggi una crescente integrazione della sostenibilità all’interno della propria strategia di crescita. Un impegno costante, che si svolge al passo con i tempi e con i mercati e che coinvolge non solo le attività di ricerca, sviluppo e innovazione nei Paesi più sviluppati, ma anche in quelli emergenti.
Grazie a questo criterio, su cui si basa la propria Vision aziendale che ha l’obiettivo di promuovere “l’efficienza, l’efficacia e la sostenibilità dell’offerta di energia e di informazione come motore principale per lo sviluppo delle comunità”, Prysmian ha definito obiettivi sempre più sfidanti e in grado di aprire il Gruppo a nuovi orizzonti.
Nelle attività di ricerca e sviluppo grande attenzione è riservata alla dimensione sociale e ambientale. Gli ingegneri del Gruppo utilizzano strumenti avanzati per convalidare le prestazioni dei cavi e simulare la loro applicazione ancora prima di procedere alla realizzazione dei prototipi massimizzando il lavoro in laboratorio e riducendo il consumo dei materiali e dell’energia.
Con l’obiettivo di aumentare l’efficienza e l’affidabilità dei prodotti finali, riducendo, allo stesso tempo, la dissipazione di energia e potenza, Prysmian si è impegnata a diminuire i tempi di set-up delle macchine utilizzate e a incrementare la velocità di fabbricazione dei prodotti. Queste innovazioni, che all’interno del business Telecom si riscontrano nelle efficienze realizzate nella fabbricazione di cavi per trasmissione dati, cavi ottici con disegno a tubetto lasco e a micromodulo Flextube, hanno portato a una maggiore efficienza nella fabbricazione, aumentando il volume di prodotto per unità di tempo e, di conseguenza, riducendo la quantità di energia per unità fabbricata.
Nei cavi rame di categoria è stato ridotto il diametro del conduttore, la larghezza dei nastri e lo spessore di guaina. Nei cavi ottici, dove il tamponante è utilizzato per bloccare la penetrazione longitudinale dell’acqua, è stata ulteriormente sviluppata la piattaforma del Gruppo Prysmian ‘dry/dry’. La famiglia dei cavi dry/dry a micromoduli Flextube è stata ampliata e la tecnologia utilizzata porta a una ulteriore diminuzione dei tempi di installazione e, di conseguenza, dei costi totali di installazione. Eliminando il tamponante, inoltre, si facilita il riciclaggio e la separazione dei componenti.
Un altro importante passo avanti nella riduzione dei consumi energetici è stato ottenuto nella produzione delle fibre ottiche. Per la reticolazione del rivestimento plastico a contatto del vetro si sta passando dall’uso di sistemi che impiegano lampade UV a sistemi con lampade LED. Le prove di qualificazione sono già state terminate e il completo passaggio a LED, che avverrà nel corso di quest’anno, porterà ad una riduzione del consumo energetico di oltre il 20%.
Grazie al miglioramento della governance sulla sostenibilità, a una più puntuale analisi dell’impatto delle proprie attività e all’adozione di nuovi KPIs, il Gruppo Prysmian ha raggiunto prestigiosi traguardi. Nel 2015 è stato incluso nell’autorevole indice globale FTSE4Good, composto da imprese che si contraddistinguono per una gestione etica, trasparente e sostenibile e ha ottenuto un significativo miglioramento di 10 punti nel Corporate Sustainability Assessment per il Dow Jones Sostainability Index (DGSI), uno dei principali assesment di sostenibilità a livello internazionale.
Nel 2016 ha ottenuto altri due indici di sostenibilità: lo STOXX® Global ESG Leaders Index, creato da STOXX Limited, provider mondiale di indici borsistici e il Carbon Clean 200, in cui Prysmian è l'unica azienda italiana a entrare nella classifica, occupando la 49° posizione su 200 aziende.
Nel 2015, a conferma del proprio continuo impegno e focalizzazione su una crescita sostenibile nel lungo periodo, le spese in Ricerca, Sviluppo e Innovazione sono ammontate a circa 82* milioni di Euro (*di cui 73 milioni opex e 9 milioni capex).
Si è svolta a Marsiglia, dal 14 al 16 febbraio, l’edizione 2017 del FTTH Conference, il più importante evento europeo dedicato alla fibra e all’FTTH (Fibre To The Home) organizzato dal Fibre to the Home Council Europe, l’organizzazione che riunisce produttori e operatori del settore per promuovere la diffusione delle reti ultra broadband basate sulla fibra, con l’obiettivo di portare benefici a privati e imprese.
Prysmian Group, leader mondiale nel settore dei sistemi in cavo per l’energia e le telecomunicazioni e proprietaria dell'unica tecnologia europea per la produzione di fibra ottica, è stata una delle poche aziende italiane a partecipare alla Conferenza, in qualità di “innovation driver” del settore.
Durante l’evento il Gruppo ha presentato le ultime innovazioni e discusso i nuovi piani per il futuro dello scenario e del mercato, confermando il suo impegno ad essere partner di riferimento per i principali operatori di telecomunicazioni, supportandoli nella realizzazione dei loro principali progetti.
Si tratta, infatti, di progetti dove la qualità e l’innovazione tecnologica dei prodotti e delle soluzioni impiegate giocano un ruolo fondamentale per affrontare le sempre più impegnative esigenze delle reti a banda larga moderne.
Quest’anno la Conferenza si è focalizzata su temi quali: i nuovi obiettivi di connettività Gigabit, la proposta legislativa della Commissione Europea per un nuovo regolamento delle telecomunicazioni e l’impatto che i nuovi servizi e tecnologie - possibili grazie alle reti ad altissima capacità (Very High Capacity, VHC) - esercitano sulla vita di tutti i giorni. Questi i temi del settore che attualmente sono al centro del dibattito, in uno scenario caratterizzato dall’arrivo del 5G, la cui diffusione su larga scala si prevede per il 2018. Il mondo, infatti, si sta muovendo sempre più verso la tecnologia wireless: chiunque usufruisca di una connessione, lo fa quasi esclusivamente attraverso una connessione Wi-Fi. In futuro si prevede che il 5G offrirà la stessa velocità e affidabilità delle attuali connessioni wireless sia a casa che in ufficio. Per questo motivo, chiunque oggi investa in infrastrutture deve essere consapevole che il 5G richiede backhaul in fibra.
Prysmian è stato uno dei Platinum Sponsor della Conferenza, in occasione della quale, oltre a discutere il futuro del mercato, ha presentato i più recenti prodotti e soluzioni FTTH, come il cavo dei record FlexTube®. Con 2112 fibre, infatti, FlexTube® è il cavo con la più alta densità di fibre, per un micromodulo flessibile, ad essere stato installato ad oggi. È stato progettato per essere estremamente compatto, leggero e flessibile ed anche per velocizzare la fase d’installazione, consentendo ai service provider di implementare facilmente il numero massimo di fibre in aree difficili o congestionate.
“Quando si ragiona su quali siano le reti di telecomunicazione di cui l’Europa ha bisogno, occorre superare la tendenza a focalizzarsi solamente sul CAPEX e porre più attenzione sull’esperienza del consumatore e sulle spese operative”, ha dichiarato Philippe Vanhille, Senior Vice President Telecom Business di Prysmian Group e Chairman di Europacable Digital Team. “Il futuro dell’Europa è rappresentato da un’estesa rete in fibra. Europacable si sta impegnando per offrire le soluzioni tecniche necessarie con prodotti di elevata qualità. È necessario lavorare bene ora in modo da non dover re-investire in futuro”.
Open Fiber, la società di Enel e Cdp (Cassa depositi e prestiti), è ufficialmente la nuova protagonista della banda ultralarga italiana.
La società capitanata da Tommaso Pompei si è infatti aggiudicata, dopo un lungo percorso, il bando Infratel da 1,4 miliardi per la realizzazione della rete in fibra di proprietà pubblica (la rete è in concessione per 20 anni) nelle aree bianche (a fallimento di mercato) di Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Toscana e Veneto per un totale di 3.000 comuni coinvolti, circa 6,5 milioni di cittadini, 3,5 milioni di unità immobiliari e oltre 500.000 sedi di imprese e pubbliche amministrazioni.
All’appello, allo stato attuale, restano fuori dalla partita solo Calabria, Puglia e Sardegna: per le tre regioni in questione è in preparazione un bando ad hoc che dovrebbe avere peculiarità differenti rispetto ai due già emanati. Stando a indiscrezioni si procederebbe prima con l'appalto per la costruzione della rete e poi con un secondo appalto di concessione per la gestione della stessa.
All’orizzonte però incombe la minaccia ricorsi: oltre a Telecom Italia hanno deciso di affilare le armi anche Fastweb ed Eolo. La chiamata in causa del Tar del Lazio riguarda entrambi i bandi di gara. Il tribunale amministrativo deve ancora esprimersi nel merito dei “dossier” sottoposti a giudizio. La questione non è da prendere sotto gamba: in ballo ci sono le regole dei bandi e a catena le gare, che rischiano - nell’ipotesi di un verdetto a favore dei ricorrenti - di essere annullate.
Open Fiber rischia inoltre di non avere gioco facile sul fronte della competizione infrastrutturale: nel business plan 2017-2019 Telecom Italia ha infatti alzato la posta degli investimenti nelle nuove reti; sul piatto ci sono 5 miliardi di risorse per l’ultrabroadband – rete mobile inclusa – con l’obiettivo di collegare, già di qui ai prossimi due anni, 50 città con connessione fino a 1 Gbit.
Le città alla sfida dell’urbanizzazione intelligente. Oggi circa il 54% della popolazione mondiale vive nei grandi centri. Entro il 2020 – prevedono i World Urbanization Trends dell’Onu - il tasso di urbanizzazione in Europa raggiungerà percentuali fino all’80% mentre in America i livelli saranno ancora più elevati. Si tratta di numeri “importanti” che vanno letti ed interpretati anche alla luce delle recenti evoluzioni tecnologiche – condivisione e analisi dei dati, ad esempio – e di come queste possano fornire nuove soluzioni ai problemi derivanti da questa poderosa crescita.
Un esempio di come la tecnologia viene in aiuto delle trasformazioni urbane lo fornisce il progetto di illuminazione “intelligente” di Philips: i lampioni a Led sono in grado di catturare e trasportare dati. "La combinazione di sensori intelligenti e dispositivi embedded con un'infrastruttura aperta crea un’intelligenza distribuita che consente di risparmiare energia, migliorando al contempo l’erogazione dei servizi”, spiega Susanne Seitinger, PhD, Philips Lighting, Professional Systems.
"Con il monitoraggio in tempo reale di ogni lampione installato in città attraverso un unico cruscotto, si generano enormi efficienze nella gestione degli asset e delle attività – prosegue Seitinger - Il sistema di illuminazione pubblica che sfrutta il cloud, l’ IoT e le reti mobili rappresenta un esempio replicabile dalle amministrazioni anche per efficientare le operazioni in altri settori chiave, come il traffico o il meteo”.
Gli investimenti in innovazione urbana si ripagano da soli tra guadagni in termini di efficienza e riduzione dei costi energetici, senza contare il miglioramento della qualità della vita in ambienti urbani sempre più affollati. I numeri li dà una ricerca di “The Climate Group”: i progetti pilota per l'illuminazione stradale a Led connessa, avviati in 12 grandi città, hanno generato risparmi di energia del 50% derivanti dall’utilizzo dei Led, che salgono fino all’80% se il Led è abbinato a sistemi di controllo intelligente. A Los Angeles e Buenos Aires, per esempio, i cruscotti e le Api forniscono informazioni immediate e precise alle amministrazioni.
Per Harry Verhaar, Head of Global Public & Government Affairs, Philips Lighting, “L’utilizzo di IP e connettività wireless nella pubblica illuminazione trasforma lo spazio urbano esistente in un gateway per le informazioni. Le luci della strada diventano beni immobili digitali, una spina dorsale per la gestione dei servizi”. Edifici intelligenti e Smart Cities generano enormi quantità di dati, aumentando la domanda di reti dati e di cablaggio strutturato. Serve una di larghezza di banda maggiore, più flessibilità e punti di accesso.
E in Italia la sfida delle smart city riparte dal Pon Metro. Con una dotazione finanziaria complessiva di
892 milioni di euro - 588 provenienti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) e 304 milioni di euro dal Fondo Sociale Europeo (Fse) - il Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020 intende mettere in campo una forte sinergia nazionale, salvaguardando e valorizzando la progettualità delle singole città su 4 principali temi: agenda digitale, sostenibilità dei servizi pubblici
(energetica e ambientale) e mobilità urbana, innovazione ed inclusione sociale.
Internet of Things, interfaccia uomo-macchina, catene di montaggio “pilotate” da remoto. Sono solo alcune delle tecnologie chiave per l’Industria 4.0, abilitate da connessioni che devono essere sempre più potenti. In questo contesto il 5G gioca un ruolo chiave: il poter connettere alla rete in maniera più funzionale i sistemi ma anche le aziende e clienti, rappresenta un’esigenza basilare nella proposta di soluzioni di nuova generazione che sottendono l’utilizzo di reti di trasmissione più veloci e affidabili.
Ma perché il 5G è essenziale per lo sviluppo dell’Industria 4.0?
Per prima cosa per la sua bassa latenza: le nuove tecnologie automatizzate richiedono una risposta rapida dal sistema. Pensiamo ai robot industriali che devono operare simultaneamente su più ambiti o ancora ai sistemi di guida autonoma – nel secondo caso un ritardo nei tempi di risposta del sistema potrebbero causare pericolosi incidenti.
La nuova generazione di connessioni “mobile” garantisce inoltre una velocità da 100 a 1000 volte superiori a quelle 4G.
Bassa latenza e altissima velocità consentono di collegare in maniera efficiente un numero altissimo di dispositivi. Il 5G rappresenterà la fine dei chip che vengono inseriti nei dispositivi portatili e favorirà la diffusione definitiva dell’IoT. Scompariranno le sim tradizionali dato che i chip verranno installati direttamente in fabbrica su ogni dispositivo e attivati a distanza dai vari operatori.
Si prevede che nel corso dei prossimi anni riusciremo a sfruttare frequenze tra i 6 e i 100 GHz, usando
lo stesso approccio MIMO (Multiple Input Multiple Output) che troviamo in molti router wireless. L'idea è quella di utilizzare molte antenne per coprire grandi distanze con velocità fino a 100 Gbps.
Intanto la nuova tecnologia di telecomunicazioni wireless attrae le attenzioni di istituzioni internazionali e nazionali, proprio in vista del debutto di Industria 4.0. L'Unione Europea ha stanziato 50 milioni di euro da destinare alla ricerca e sottoscritto un accordo di cooperazione con la Cina, mentre la Corea del Sud sta portando avanti dei progetti per proprio conto), delle big del mondo dell'hi-tech (Samsung, Google e Nokia solo per fare qualche nome) nonché, ovviamente, degli operatori telefonici di tutto il mondo (in Australia l'operatore Telstra vuole lanciare la prima rete 5G ready a cavallo tra la prima e la seconda metà del 2017).
Si tratta di esperimenti e test che dovrebbero, nel giro di qualche anno, portare alla definizione dello standard tecnologico, industriale e commerciale del prossimo protocollo di comunicazione cellulare. Per l'implementazione tecnologica si dovrà attendere ancora di più, si parla del 2020, mentre i primi dispositivi inizieranno ad arrivare solo negli anni successivi.
La realizzazione delle infrastrutture ultrabroadband fisse nel nostro Paese sta marciando a rilento o quantomeno non alla velocità in grado di garantire il pieno sviluppo della nuova imprenditoria e di sostenere l’ambizioso piano Industria 4.0 di recente battezzato dal ministro Carlo Calenda. Una situazione che non solo contribuisce a tenerci bassi nelle classifiche europee (a partire dal DESI che quest’anno ci piazza al 25mo posto), ma non ripaga gli sforzi, non pochi, degli operatori di Tlc che hanno ripreso a investire nelle nuove reti e che hanno persino annunciato piani al rialzo per quanto riguarda risorse stanziate e copertura territoriale e dei servizi.
L’impasse italiana si presenta dunque come un’“anomalia”: le risorse ci sono, i piani pure, la domanda di video e l’avvento delle tv connesse – assicurano analisti ed esperti – farà da traino alle nuove connessioni. Ad accendere i riflettori sulla questione ci ha pensato di recente la Corte dei Conti che,
nella relazione presentata al Parlamento sull’attività svolta da Infratel nel
periodo 2007-2015, ha evidenziato che, seppur “l’intervento pubblico abbia contribuito alla notevole riduzione, nel nostro Paese, del digital divide riferito all’uso della banda larga”, di contro si registrano “ritardi nella realizzazione delle infrastrutture, dovuti prevalentemente alla abnorme durata dei procedimenti di rilascio dei permessi degli enti proprietari delle aree attraversate dalle nuove infrastrutture”. Abnorme durata dei procedimenti dunque. E troppi enti coinvolti nei processi autorizzativi: Comuni, Province, Anas, Rfi, per citare i principali.
È questo il “male” tutto italiano. Il governo ne è consapevole e, non a caso, l’ultima riunione del Comitato banda ultralarga Mise-Regioni si è focalizzata proprio su come velocizzare la posa della fibra ottica nelle aree bianche (quelle a fallimento di mercato) ed evitare che la burocrazia si metta di traverso ai cantieri al via. Il Comitato ha sollecitato la stipula di convenzioni ad hoc con Comuni (migliaia quelli coinvolti dai bandi Infratel) e Province (città metropolitane) per “standardizzare” le procedure autorizzative e snellire le lunghe procedure relative ai permessi.
Già siglata la convenzione con Anas e imminente quella con Ferrovie. In pole position la Toscana, che ha annunciato una convenzione ad hoc che vede in campo Regione, ministero dello Sviluppo Economico, Infratel e soprattutto i 73 comuni interessati dal primo bando per le aree a fallimento di mercato aggiudicato a Open Fiber, che prevede investimenti nel territorio toscano per 222 milioni di euro. Nel Bolognese convezione fatta fra la Città metropolitana, Lepida e Infratel per favorire la realizzazione della rete ultrabroadband nelle aree bianche attraverso l’utilizzo sinergico delle infrastrutture e l’impiego di tecniche innovative che riducano tempi e costi di intervento, garantendo nel contempo un basso impatto ambientale.
Per garantire il cablaggio di tutte le aree industriali la Regione Friuli Venezia Giulia ha invece deciso di cedere parte della rete pubblica agli operatori di Tlc che potranno offrire servizi di connessione direttamente alle aziende insediate. “Entro l'anno tutte le zone industriali saranno interamente coperte", ha garantito l’assessore Mariagrazia Santoro.
Le botnet che collegano i dispositivi agli indirizzi IP con l’obiettivo di sferrare attacchi coordinati non sono una novità. Tuttavia, per lungo tempo, gli indirizzi IP sono stati associati più o meno esclusivamente a PC e router.
Ora però lo scenario sta cambiando velocemente. L’aumento massiccio di dispositivi IoT ha aperto la strada a una nuova modalità di “aggressioni”: oggi gli hacker possono diffondere malware e virus attraverso un numero molto più elevato di macchine.
Gartner stima che ci sono attualmente in funzione circa 6,4 miliardi di questi dispositivi, senza contare i tablet, smartphone e computer; per Idc i device sono a quota 9 miliardi.
Con la crescita di questi tipi di device connessi a sistemi IoT diventa fondamentale adottare misure di sicurezza ad hoc.
Per migliorare la sicurezza dello IoT, Level 3 Threat Research Labs consiglia di disabilitare i servizi non utilizzati: tra questi il telnet, programma che consente di collegarsi ad un computer remoto e di accedere ai relativi dati e servizi, trasformando il proprio elaboratore in un terminale in grado di impartire direttamente comandi. È necessario inoltre sostituire le password standard con altre nuove – e diverse – quando si mette in opera ogni dispositivo.
Ma l’infrastruttura di rete è al sicuro? Teoricamente un attacco è possibile ma la probabilità che abbia successo è trascurabile.
Vediamo perché. Per prima cosa l’hacker dovrebbe accedere direttamente al cavo di fibra e togliere il suo rivestimento protettivo. Avrebbe anche bisogno della giusta strumentazione hardware e software per rilevare, demodulare, ristrutturare e decifrare le informazioni.
Ma anche se le probabilità di un “attacco alla fibra” sono più che scarse, la protezione dell’accesso è un aspetto fondamentale nel rafforzamento della sicurezza. Quali sono le mosse giuste? Utilizzare “serrature” fisiche per proteggere collegamenti di cavi e punti di collegamento. Inoltre l’uso di password e di sistemi di crittografia contribuisce ad aumentare ulteriormente la sicurezza.
Stefano Brandinali, Global CIO Prysmian Group
1) Stiamo entrando nell’era dell’Industria 4.0. Nei prossimi anni il 5G incrementerà ulteriormente le modalità di connessione e trasformerà
radicalmente la nostra vita, proiettandoci in una società e in un ambiente in
cui tutto sarà più interconnesso e in cui prenderanno sempre più piede i
concetti di Smart Office e dello Smart Working. Su quali progetti si sta
focalizzando Prysmian? Ci può raccontare le ultime novità? Smart
Office/Working: moving office dell’ HQ presso il nuovo building
Con l’apertura della nuova sede (HeadQuarter) nel 2016, Prysmian ha avuto una grande opportunità per ridisegnare il concetto e il layout degli uffici adottando i principi dello Smart Office e Smart Working.
L’intero progetto è stato sviluppato secondo alcuni driver ispiratori che hanno permesso di ripensare l’esperienza dell’Employee, mettendo la persona (e non il luogo fisico di lavoro) al centro del progetto: considerare il dipendente non solo dal momento in cui timbra il badge ed entra fisicamente in ufficio ma dal momento in cui si sveglia, perché il rapporto con l’azienda è un rapporto continuativo che comprende anche il tragitto casa - lavoro.
Abbiamo tenuto in considerazione dunque l’intera Work Experience, dalla mattina alla sera, cercando delle modalità che favorissero il benessere delle nostre risorse, migliorando in modo indiretto la produttività del singolo e, di conseguenza, dell’azienda. Si passa da una logica tradizionale di controllo delle attività ad una logica di trust e di accountability, in cui vi è totale fiducia nel dipendente con la volontà di creare una condizione favorevole in cui lavorare bene, negli spazi giusti, attraverso l’integrazione casa/lavoro. Questo approccio ha dato origine a diversi sotto-progetti per facilitare l’ingresso nella nuova sede, come ad esempio la possibilità di ottenere l’abbonamento ATM gratuito per i dipendenti o l’incentivazione al remote working, ovvero la possibilità di lavorare un giorno ogni due settimane da casa per alcune fasce della popolazione aziendale, secondo una regolamentazione che garantisca comunque la copertura adeguata della presenza fisica negli uffici.
Cambiare ufficio ha inoltre permesso di pensare in modo olistico allo smart working e ha portato a definire aree differenti all’interno del nuovo building rispetto agli obiettivi per cui erano state disegnate e pensate, come ad esempio le aree dedicate alla concentrazione, allo svolgimento del lavoro quotidiano - diventate degli openspace - e le sale di aggregazione, intese sia come sale riunioni che come spazi per incontrarsi, bere un caffè, parlare con i colleghi, di cui il nuovo building è ampiamente dotato. Uno degli strumenti che ci ha permesso di realizzare questo importante cambiamento è l’adozione delle tecnologie “digital”, come elemento di abilitazione e realizzazione dello smart working: il nuovo building è costruito con le più avanzate tecnologie ecosostenibili ed è basato sulla pervasività della trasformazione digitale a supporto della centralità del fattore umano; sono stati messi in atto processi di digitalizzazione di tutti i documenti, con la conseguente creazione di un ambiente paperless, tutti i dipendenti sono stati dotati di notebook, si è adottata una politica BYOD (Bring Your Own Device), sulla base del principio ispiratore di rendere le persone Always mobile.
2) Come cambierà il concetto di Internet of Things
Partiamo dal tema industry 4.0, che in questo momento è in una fase di evoluzione rispetto alle premesse iniziali.
Nelle aziende in generale questo termine si traduce in integrazione tra elementi fisici ed elementi virtuali.
Industry 4.0 per Prysmian è la capacità di integrare il mondo fisico e il mondo virtuale, il mondo dei prodotti e delle linee di produzione specifiche con il mondo dei dati che possono essere generati lungo le linee stesse.
In particolare, l’Industry 4.0 si associa naturalmente al tema della nuova sensoristica; di conseguenza il concetto di IoT è un elemento abilitante per l’Industry 4.0 perché consente di raccogliere informazioni particolarmente dettagliate e continue, lungo le linee di produzione, e metterle a fattor comune nei cosiddetti Big Data.
La chiave del successo per il futuro è rappresentata dall’introduzione della sensoristica evoluta che permetterà di raccogliere informazioni più puntuali rispetto a prima e di analizzare i dati ricavati ed aggregati.
Uno degli elementi determinanti per il successo di questa 4° Rivoluzione Industriale sarà lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, quindi la capacità di leggere all’interno di questi dati elementi di correlazione non facilmente identificabili dall’uomo, perché abituato a strumenti più lineari o perché la mole dei dati è talmente consistente da non permettere un’analisi significativa con strumenti tradizionali di Business Intelligence.
L’intelligenza artificiale sta già entrando in fabbrica, un esempio su tutti sono i cosiddetti robot collaborativi.
Fino ad oggi l’automazione si è focalizzata soprattutto su strumenti in grado di sostituire le attività umane ripetitive con maggior precisione e puntualità; i robot erano percepiti come elementi che “rubavano” lavoro agli uomini, li sostituivano, snellendo il numero delle persone lungo le linee di produzione, senza entrare però in relazione con queste, se non nella fase iniziale di pianificazione e progettazione.
Oggi i robot possono giocare un ruolo differente. Operano lungo la linea di produzione insieme alle persone e sono in grado di capire i cambiamenti del contesto e di comportarsi di conseguenza. Diventano a tutti gli effetti degli assistenti virtuali robotizzati in grado di adattarsi alle situazioni mutevoli dell’ambiente in cui operano, di compiere gesti diversi a seconda di ciò che accade, di interagire con l’uomo, non sottraendogli lavoro ma aiutandolo in modo cooperativo. Sono robot intelligenti, capaci di crescere e di aumentare la loro conoscenza in itinere, apprendendo dalle esperienze fatte. Quindi a differenza del passato nel quale i robot o i sistemi automatizzati erano programmabili a priori e poi ripetitivamente esecutori, oggi imparano in corso d’opera.
Un’altra frontiera dell’Industry 4.0 è la capacità di far parlare fra loro le macchine: maggiori informazioni rispetto a prima, elaborate attraverso l’intelligenza artificiale trovano correlazioni che precedentemente non erano possibili; non solo macchine che interagiscono con gli uomini ma anche macchine che apprendendo dagli errori e comunicano fra di loro.
Sempre riguardo all’IoT, Prysmian si focalizzerà sullo sviluppo del nuovo MES (Manufacturing Execution System), che dovrà essere “IoT compliant”, con l’obiettivo nel lungo periodo di poter sensorizzare le diverse linee di produzione per ottenere preziose informazioni dal campo accedendo al mondo dei Big Data.
3) L’innovazione continua è essenziale e fondamentale per Prysmian. A luglio
2016 è nato l’Innovation Lab. Può raccontarci gli ultimi progetti? Le attività
dell’Innovation Lab si affiancano a quelle del dipartimento R&D?
A luglio 2016 è nato, all’interno di Prysmian Group, l’Innovation Lab: si tratta di un generatore di idee all’interno della Direzione ICT con l’obiettivo di esplorare nuove soluzioni tecnologiche per stimolare e accompagnare l’innovazione digitale.
L’obiettivo principale non è quindi la realizzazione di nuovi progetti, ma la generazione di nuove idee.
Le attività dell’Innovation Lab si affiancano a quelle della funzione R&D, a cui da sempre è demandata l’innovazione in azienda, in termini di ricerca sul prodotto. Nel 2017 intendiamo trovare un tavolo comune di sviluppo dell’innovazione cross-funzionale per lavorare con l’R&D e non solo, per poterci rapportare a un mercato in estremo cambiamento che vede nuovi attori e nuove modalità di produzione e distribuzione dell’energia. In questo contesto il nostro laboratorio di Innovazione vuole favorire la contaminazione digitale, lo scouting e il coinvolgimento di startup, attraverso nuove modalità di outside-in/inside-out, per far sì che l’azienda intera evolva verso un modello di Open Innovation. Al momento stiamo contattando alcune start up per alcuni progetti pilota nell’area della realtà aumentata, degli ologrammi e nell’area dei droni. In particolare, siamo in contatto con una startup francese e una americana per sperimentare l’utilizzo dei droni nelle attività inventariali di magazzino.
Un nuovo codice per un’Europa unita anche sul fronte digitale. L’Unione europea sta lavorando alla nuova direttiva che aggiorna il codice europeo delle comunicazioni elettroniche contenente norme semplificate grazie alle quali le imprese saranno invogliate a investire in nuove infrastrutture di qualità, in tutti i paesi dell’Ue. Bruxelles prevede che nel prossimo decennio - entro il 2025 - gli investimenti mobilitati dal nuovo quadro normativo potrebbero far aumentare il PIl europeo di 910 miliardi euro e creare 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro.
Il nuovo codice europeo delle comunicazioni ha l’obiettivo di ridurre sostanzialmente gli obblighi normativi nel caso in cui operatori concorrenti co-investano in reti ad altissima capacità e facilitino la partecipazione dei piccoli operatori a progetti di investimento grazie alla condivisione dei costi e al superamento di barriere di scala, ad esempio. Si introducono norme che rendono più prevedibili le prospettive d’investimento per i “pionieri” che assumono il rischio di investire in zone meno redditizie, come quelle rurali.
Focus anche sull’utilizzo dello spettro radio, centrale per lo sviluppo di reti senza fili: la Ue mira a ridurre le divergenze tra le prassi regolamentari dei vari paesi membri. Il codice propone licenze di lunga durata, assieme a requisiti più rigorosi per l’uso dello spettro radio. Propone inoltre di coordinare i parametri di base, come i tempi di assegnazione, per assicurare la rapida liberazione dello spettro ad uso del mercato dell’Ue e una maggiore convergenza delle politiche nazionali in materia di spettro allo scopo di offrire una copertura completa senza fili in tutta Europa.
Un capitolo ad hoc è dedicato alla tutela del consumatore. Con le norme aggiornate i consumatori abbonati a pacchetti di servizi (che combinano internet, Tv, telefonia fissa e mobile) potranno cambiare fornitore con più facilità e i gruppi vulnerabili (anziani, disabili e beneficiari di assistenza sociale) vedranno tutelato il loro diritto a sottoscrivere contratti internet a prezzi abbordabili.
Infine, per garantire che siano applicati i requisiti di sicurezza - vale a dire, reti e server sicuri - una serie di norme saranno estese anche ai nuovi operatori online che offrono servizi equivalenti agli operatori tradizionali. Il regolamento prevede anche che in futuro gli utenti possano chiamare il 112, numero di emergenza universale nell'Ue, attraverso tali servizi online, senza incorrere in alcun costo supplementare.
La Ue si propone anche di rafforzare il ruolo delle autorità nazionali di regolamentazione e del Berec e di garantire l’applicazione coerente e prevedibile delle norme in tutto il mercato unico digitale, limitando l’attuale frammentazione e incoerenza.
Un piano banda ultralarga ad hoc per le imprese? Non è da escludersi e i tempi potrebbero essere maturi. Era luglio di un anno fa quando il ministro Carlo Calenda accendeva i riflettori sulla necessità di una “rimappatura” delle aree del Paese, in particolare quelle a fallimento di mercato, tarata sui distretti industriali, in modo da poter garantire un’adeguata copertura in fibra al comparto produttivo nazionale. Copertura necessaria anche e soprattutto a sostenere il piano Industria 4.0 e a fare da volàno, dunque, alla “rinascita” in chiave digitale dell’economia italiana.
La strada è (ancora) lunga. Stando ai dati Istat messi nero su bianco nella nona edizione del report “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, il 92,4% delle imprese italiane con almeno 10 addetti si connette a Internet in banda larga (dato 2016), valore in linea con la media Ue, ma ancora distante da quello dei paesi europei di testa come Slovenia e Danimarca (99 e 98%). A livello regionale le imprese attive nelle Marche e in Calabria – evidenzia l’indagine - sono in maggiore ritardo rispetto alla media, quelle del Nord-est decisamente in vantaggio. E quando dalla banda larga (connessioni superiori a 2 Mbps) si passa all’esame della banda ultralarga (connessioni a partire da 30 Mbps) le percentuali precipitano: stando alle rilevazioni della Commissione euopea in Italia solo il 15% delle imprese vanta una connessione ultrabroadband contro una media Ue del 32%. Il piano Banda ultralarga nazionale prevede di garantire i 30 Mbps a tutte le aziende entro il 2020 e i 100 Mbps almeno al 50% delle aziende. Dunque bisogna spingere l’acceleratore.
Che lo scenario non sia dei migliori è chiaro al governo e anche alle telco, in particolare Tim che ha rivisto al rialzo il proprio piano di investimenti nella realizzazione delle reti in fibra su tutto il territorio nazionale, aree a fallimento di mercato incluse. Infratel da parte sua ha avviato a marzo la consultazione pubblica – in scadenza il prossimo 15 maggio - per l’aggiornamento della mappatura dei servizi nelle aree grigie e nere. Una mappatura che punta scendere nel dettaglio massimo delle connessioni: la in-house del Mise ha infatti chiesto agli operatori di Tlc di indicare la copertura sulla base dei numeri civici di edificio. Un’operazione importante se si considera in particolare che nelle aree grigie – come ha più volte evidenziato il ministro Calenda – opera il 69% delle imprese.
La connettività è fra l’altro considerata elemento chiave nell’ambito dei progetti legati a Industria 4.0 che fanno leva sull’Internet of things. Senza un’infrastrutturazione adeguata sarebbe di fatto impossibile gestire progetti avanzati e complessi e rischierebbero dunque di venire meno i presupposti stessi del piano del governo. L’attenzione rivolta alla questione è sicuramente il punto di partenza per la ricerca di una soluzione che consenta in tempi rapidi di colmare il gap. Una questione che peraltro non riguarda solo l’Italia: in Germania –il Paese in pole position in merito ai programmi legati alla digitalizzazione industriale - l'associazione degli industriali Vdma ha chiesto al governo di spingere la realizzazione delle reti in fibra nelle aree periferiche del Paese dove si concentra la maggior parte del sistema produttivo.
L'adozione della banda larga cresce a ritmi sostenuti in tutto il mondo e i servizi broadband sono sempre più un fattore chiave per l’aumento della produttività. L’analisi di Brett Sappington, Senior Director of Research di Parks Associates, scandaglia le caratteristiche del mercato.
"L'adozione globale di servizi a banda larga fissa continua ad aumentare – evidenzia Sappington – Ciò è in gran parte determinato da fattori quali la diffusione di device connessi, l’accesso always on, la disponibilità di reti wi-fi e l’entertainment. Vengono lanciati nuovi servizi, contando sul fatto che le connessioni ad alta velocità sono facilmente disponibili nei Paesi più sviluppati ma anche in molti mercati emergenti”.
Stando ai numeri di Parks Associates, a fine 2015 erano circa 739 milioni le famiglie che in tutto il mondo avevano sottoscritto un abbonamento a banda larga fissa: si tratta di un aumento di oltre il 40% dalla fine del 2010. A fine 2016, invece, il numero sale a 776 milioni (+46% dalla fine del 2010).
"Analizzando le macro aree – spiega Sappington - i maggiori volumi di crescita si registrano in Asia dove, entro il 2020, ulteriori 75 milioni di famiglie saranno dotate di connessioni in banda larga. Gli abbonamenti a banda larga fissa in America Latina, invece, aumenteranno di oltre il 20% di qui a tre anni".
Ma quali sono i driver? "A trainare – sottolinea l’esperto - sarà soprattutto l’aumento dei servizi di informazione, comunicazione e intrattenimento, in particolate il video streaming. Anche la disponibilità di accessi wireless rimarrà una parte fondamentale della connettività futura, soprattutto nei mercati emergenti a causa della mancanza di infrastrutture fisse”.
Vediamo la
situazione del broadband per macro aree.
Cina. Sono oltre 216 milioni le famiglie che hanno la banda larga; nell’ultimo anno oltre 15 milioni di case sono state raggiunte dal servizio. Nel Paese le opportunità di crescita sono enormi dato che meno della metà delle famiglie ha la banda larga.
India. Poco più di 15 milioni di famiglie è connessa in broadband fisso: le comunicazioni mobili restano molto forti, ma i programmi di digitalizzazione avviati dal governo stanno spingendo l’adozione della banda larga fissa. Di conseguenza l’aumento degli abbonati è più sostenuto rispetto alla Cina.
America
Latina. La crescita è molto rapida, pur con qualche rallentamento recente, e le famiglie connesse sono 66 milioni. La quota globale degli abbonati a banda larga è cresciuta dall'8% del 2010 al 9% del 2015. Cile e Venezuela sono i mercati che crescono più velocemente.
Africa e
Medio Oriente. Qui si registra la percentuale più alta in termini assoluti: il fenomeno è legato al basso livello di partenza per quel che riguarda la penetrazione di banda larga fissa.
Nord America e Europa Occidentale. Sono i mercati più maturi: la maggior parte dei Paesi supera il 75% di penetrazione. Di conseguenza la crescita degli abbonati è rallentata.
Giappone e Corea del Sud. Si tratta di mercati più che maturi nei quali, già del 2008, sono disponibili offerte ultrabroadband.
La trasformazione digitale delle infrastrutture di trasporto rappresenta la possibilità di migliorarne la qualità, la sicurezza, l’utilizzo ma anche di farne strumenti per generare dati e servizi che agevolino la mobilità di persone e merci, facilitando e semplificando il trasporto. Il rilancio digitale del settore è inoltre un fattore abilitante della crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva del Paese.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti raccoglie la sfida dell’innovazione digitale e ne fa un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali del Paese partendo dal Piano Nazionale Its. In questo senso, il Mit sta promuovendo un percorso per la corretta evoluzione del processo di digitalizzazione a livello nazionale, con l’obiettivo di guidare il Paese verso la nuova stagione della digital transformation delle infrastrutture.
“Abbiamo dato priorità alle opere utili – spiega il ministro Graziano Delrio – ora diciamo che queste opere debbono essere intelligenti. La digitalizzazione rappresenta vantaggi in primo luogo per il monitoraggio e la sicurezza delle opere e per la sicurezza delle persone. Stiamo passando quindi da infrastrutture che sono solo materiali a opere che si mettono in dialogo con gli utenti, attraverso strumenti che possono facilmente essere introdotti nei lavori di manutenzione o di realizzazione”.
Con un’estensione della rete stradale in Italia pari a 179.024 km, di cui 5.872 di autostrade affidate a 24 concessionarie, e 25.566 chilometri, di cui 937 di autostrade, affidati ad Anas, le infrastrutture stradali rappresentano un asset significativo e strategico per il sistema-Paese. Inoltre sono più di 43 milioni gli autoveicoli circolanti in Italia e le analisi a livello mondiale ci dicono che il parco mezzi è destinato ad aumentare, al 2020 il 90 per cento della popolazione avrà un telefono cellulare, al 2018 il valore del mercato globale dei veicoli connessi sarà di 40 miliardi di euro nel 2018, restando fermo l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 20% al 2020. Da qui l’esigenza di valorizzare il patrimonio infrastrutturale esistente attraverso l’adeguamento tecnologico e scommettere sulle “strade intelligenti”.
Con le smart road il conducente sarà informato in tempo reale sulle condizioni dell'arteria e sugli eventuali percorsi alternativi che dovessero rendersi necessari in caso di incidenti o di chiusure improvvise di tratte.
Le tecnologie proprie della Smart Road sono
garantiti attraverso diversi sistemi, tra cui:
SISTEMI DI CONNESSIONE RADIO. Il Wi-Fi "in motion" permetterà una continuità del segnale ai veicoli in movimento anche alle velocità massime consentite.
SISTEMA DI COMUNICAZIONE DATI. Il progetto prevede, tra l'altro, la posa di fibra ottica compatibile anche con le esigenze del "piano banda larga" del governo.
SISTEMA DI PRODUZIONE DELL'ENERGIA ELETTRICA. Sono previste le cosiddette Green Island per la produzione di energia pulita, che funzioneranno anche come aree di ricarica per veicoli elettrici, droni e mezzi per la logistica.
SISTEMI DI MONITORAGGIO. La strada sarà dotata di moderni sensori per il monitoraggio continuo di tutti i parametri per mitigare i fattori di rischio, elevare la sicurezza e il confort di guida, intervenire efficacemente in casi di emergenza.
Dal fiber-to-the-home al fiber-to-the-business. Mentre l’Europa deve ancora fare i conti con il digital divide in molte aree e con il cablaggio degli edifici persino nelle principali città continentali, gli Stati Uniti si preparano per un capitolo tutto nuovo che viene annunciato come una delle più importanti sfide economiche degli anni a venire: garantire connettività ad altissima velocità a tutte le aziende. Ad aprire le danze della nuova stagione ci ha pensato, con i crismi dell’ufficialità, l’Ftth Council che per cominciare ha deciso di cambiarsi il nome in Fiber Broadband Association (Fba). “Portare la fibra nelle abitazioni è stato solo l’inizio – racconta il ceo e presidente Heather Burnett Gold -. Il nostro nuovo nome fa il paio con l’evoluzione dell’industria e con una missione nuova, quella di portare la fibra anche alle infrastrutture cruciali dell’economia. Il nuovo nome riflette dunque la vision e farà da guida alle nostre prossime attività”. Industria 4.0 e Tv 4K/Ultra Hd faranno, secondo gli esperti, da traino agli investimenti sia privati sia pubblici. E l’attenzione è puntata principalmente sulle reti in fibra, senza le quali nessuno dei due “paradigmi” potrà davvero coniugarsi. Secondo un’analisi della Fba lo sviluppo della fibra è inoltre strettamente connesso con la creazione di nuovi posti di lavoro e con l’aumento di produttività. Ad esempio, evidenzia la Fba, l’impatto positivo sul lavoro è del 72% superiore nelle città cablate (considerato un periodo di tempo decennale) e la business transformation è del 46% più elevata a fronte della presenza di reti in fibra.
Anche lo sviluppo del 5G mobile e, di conseguenza, di business come quello delle auto connesse è legato a stretto filo con la banda ultralarga fissa. Tema su cui ha acceso i riflettori anche l’Ftth Council Europe secondo cui solo la connettività in fibra può spingere lo sviluppo dei servizi digitali per i cittadini e impattare sul business delle aziende aprendo nuovi spazi e possibilità di business. Il presidente Ronan Kelly, ha inoltre evidenziato come “l’enorme crescita del traffic dati mobile sta causando situazioni di congestion delle reti a livello di backhaul” e che quindi “bisogna accelerare sul roll out della fibra”.
Di fatto consumer e business – così la pensano in casa Fba – non sono più “separabili” e quindi va abbattuta la logica dei silos e vanno ripensate le strategie digitali in chiave “macro”. Chissà se l’Europa seguirà la lezione americana.
Philippe Vanhille, Senior VP Telecom Business di Prysmian Group e Presidente di Europacable, analizza le prospettive europee relative ai piani dell’Agenda Digitale 2025, con un aggiornamento della roadmap che guiderà il nostro Paese verso il raggiungimento di questi target. Cosa cambierà nella nostra vita di tutti i giorni? Quali saranno le nuove reti del futuro e come funzioneranno?
Guarda il video di saluto di Carlo Scarlata, Chief Commercial Officer di Prysmian Italia.
Ci siamo lasciati pochi mesi fa con la promessa di rincontrarci nel 2017 per proseguire insieme il viaggio iniziato lo scorso anno nella tecnologia e nelle soluzioni Prysmian per le telecomunicazioni...ed eccoci qui.
Guarda il video di saluto di Carlo Scarlata, Chief Commercial Officer di Prysmian Italia.
Tante le opportunità che si prospettano per i prossimi mesi. Ci auguriamo che sarete ancora con noi nel 2017, per continuare questo viaggio insieme. Ci vediamo l’anno prossimo con il nostro nuovo sito fibramadeinitaly.it
Prysmian Group e IATT insieme per offrire banda larga affidabile e future proof attraverso soluzioni di posa non invasive che garantiscono rispetto per l’ambiente ed elevati standard di qualita’
BendBrightXS
è la prima fibra ottica single-mode con una sensibilità alla piegatura 100 volte inferiore rispetto alle tecnologie tradizionali.
BendBrightXS: tecnologia "future-proof"
Alessandro Pirri, Direttore Connectivity e FTTx di Prysmian Group parla delle soluzioni realizzate dal Gruppo per superare le barriere strutturali degli edifici che influiscono sulla velocità di connessione.
Scopri il nuovo video dedicato alle soluzioni Telecom del Gruppo Prysmian, che illustra i valori dell'azienda, l'ampia gamma di prodotti e tutte le applicazioni possibili grazie alle nostre soluzioni.
Carlo Scarlata, Chief Commercial Officer di Prysmian Italia, dà il benvenuto in FibraNews. Da oggi inizia un entusiasmante viaggio nel mondo della fibra attraverso tutti i continenti. Paesi dove la velocità delle connessioni aumenta, accorciando tempi e distanze e moltiplicando il valore di ogni attività in modo esponenziale. Una fibra che porta incisa sul proprio involucro una scritta speciale: “Made in Italy” by Prysmian Group, l’unico produttore di fibra ottica in Italia.
Carlo Scarlata, Chief Commercial Officer di Prysmian Italia, dà il benvenuto in FibraNews. Da oggi inizia un entusiasmante viaggio nel mondo della fibra attraverso tutti i continenti. Paesi dove la velocità delle connessioni aumenta, accorciando tempi e distanze e moltiplicando il valore di ogni attività in modo esponenziale. Una fibra che porta incisa sul proprio involucro una scritta speciale: “Made in Italy” by Prysmian Group, l’unico produttore di fibra ottica in Italia.
Prysmian Group, azienda italiana leader mondiale nel settore dei cavi e sistemi per energia e telecomunicazioni.
Tecnologia, innovazione, esperienza e una profonda conoscenza delle realtà locali danno vita all’unica fibra ottica prodotta in Italia.
9 milioni di chilometri all’anno di fibra Prysmian partono dal cuore dell’Italia per collegare le comunità italiane e di tutto il mondo.
La nostra eccellenza è pronta per una nuova sfida: alimentare
la banda ultra larga per tutti gli italiani entro il 2020.
Prysmian Group, colleghiamo l’Italia al futuro.
Le fibre ottiche sono simili a fili e sono composte da materiali vetrosi o polimerici, capaci di condurre al loro interno la luce. Per questo costituiscono la soluzione ottimale per le connessioni Internet ad altissima velocità. Le fibre sono flessibili, immuni ai disturbi elettrici, alle condizioni atmosferiche più estreme e poco sensibili a variazioni di temperatura. Sono sottili come un capello, con un diametro solitamente di 125 micrometri e molto leggere: un chilometro di fibra ottica pesa meno di 2 kg. Con i cavi in fibra si realizza l’intera infrastruttura della banda ultralarga che costituisce il vero e proprio sistema nervoso del globo: dalle grandi dorsali intercontinentali alla connessione finale in casa o ufficio.
Con 130 anni di storia nella produzione di cavi, oltre 19.000 dipendenti in 50 Paesi e un cuore di ricerca e innovazione in Italia, Prysmian è leader al mondo nei cavi e nelle soluzioni in fibra ottica.
Prysmian realizza prodotti e soluzioni con due diverse tecnologie per la produzione della fibra ottica e ha proprio in Italia il centro di eccellenza assoluta a livello globale: lo stabilimento F.O.S. di Battipaglia, dove viene prodotta la maggior parte della fibra ottica italiana che porta la banda larga in tutto il mondo.
Con la fibra Prysmian produce tutti i tipi cavi ottici, anche per i contesti ambientali più complessi e difficili, per acqua, aria e terra, destinati ad applicazioni nella in tutte le industrie. Prysmian è detentore di uno dei brevetti per la produzione di fibre ottiche: il Plasma Chemical Vapour Deposition (PCVD). E proprio nel cuore dell’Italia sorge uno dei pochi centri di produzione di eccellenza a livello internazionale: F.O.S. (Fibre Ottiche Sud), dove viene prodotta molta della fibra ottica italiana che connette il mondo.
Prysmian progetta e produce la gamma più ampia di fibre ottiche realizzate in Italia per rispondere a tutto lo spettro di applicazioni richieste dal mercato: fibre “monomodali”, “multimodali” e “specialty”.
Le fibre ottiche sono impiegate nella produzione di un’ampia gamma di cavi ottici, standard o specificamente progettati per contesti particolari. L’altissima qualità dei prodotti Prysmian consente di affrontare con successo le sfide e i progetti più impegnativi garantendo sempre soluzioni innovative e all’avanguardia per tutte le diverse tipologie di architetture.
In tutto il mondo Prysmian è il partner ideale per la realizzazione di infrastrutture e connessioni a banda ultra larga. I principali operatori di telecomunicazioni, come BT nel Regno Unito, Telefonica e Jazztel in Spagna, Orange in Francia, Telstra in Australia e Telecom Italia in Italia, scelgono Prysmian: dalla realizzazione di dorsali di Rete alle connessioni FTTH. Sono firmati Prysmian alcuni tra i più grandi progetti di banda ultra larga in tutto il mondo
In Australia Prysmian partecipa alla più grande costruzione di infrastrutture di connettività nella storia del Paese. Il progetto, partito nel 2011 consentirà all’Australia di raggiungere una copertura pressoché totale della popolazione con banda ultra larga di ultima generazione grazie alla fibra prodotta in Italia.
Nel Sud-Est Asiatico Prysmian fornisce cavi e tecnologie in fibra nei mercati chiave di Indonesia, Vietnam, Brunei, Singapore e Filippine con la realizzazione di dorsali, l’implementazione di reti FFTX e tutte le altre soluzioni per la banda ultra larga.
In Argentina Prysmian fornisce e installa la rete ottica in grado di sviluppare l’infrastruttura passiva per la rete proprietaria fibre to the home (FTTH) per servire migliaia di abitazioni e diffondere la banda larga.
Prysmian è leader globale nei cavi per energia e telecomunicazioni. Nel business telecom il Gruppo è il campione incontrastato nel mercato più avanzato tecnologicamente, quello della fibra ottica, ma realizza tutta la gamma di prodotti e servizi, compresi i tradizionali cavi in rame.
Prysmian a livello globale vanta 25 impianti dedicati alle telecomunicazioni, di cui 5 specializzati nella produzione di fibra in Italia, Francia, Olanda, USA e Brasile. Nel 2014 Prysmian ha prodotto 26,6 milioni di chilometri di cavi e nel 2015 raggiungerà quasi i 30 milioni di chilometri. Prysmian investe ingenti capitali in ricerca e sviluppo per consentire i flussi informativi tra le comunità di tutto il mondo sempre al più alto livello tecnologico, e detiene uno dei tre brevetti mondiali per la produzione di fibre ottiche.
Prysmian offre una gamma completa di soluzioni per qualunque tipo di esigenza, dalla realizzazione delle grandi dorsali fino alle soluzioni destinate alla connettività passiva, nota come FTTX, vale a dire la connessione in fibra portata fino all’utilizzatore finale.
Prysmian offre un portafoglio completo per i quattro principali tipi di Fibre ottiche monomodali: Serie G.652 ampiamente diffusa durante gli anni ’80, Serie sottomarina e a lunghissimo raggio G.654, Serie di fibre innovative per lunghe distanze NZDSF, Serie di fibre ottiche G.657 – insensibili alla piegatura, fondamentale per le reti FTTX.
Le Fibre ottiche multimodali di Prysmian per la trasmissione di dati e il cablaggio sono basate sul processo proprietario PCVD, la deposizione chimica da vapore attivata dal plasma, riconosciuto a livello mondiale per la capacità di garantire la maggiore accuratezza del profilo dell'anima nelle fibre multimodali.
DrakaElite è la famiglia di fibre Prysmian dedicata alle applicazioni speciali: settore medicale, marittimo, petrolifero e del gas e delle telecomunicazioni per componenti attivi e passivi. Con oltre due decenni di esperienza nel settore, un processo proprietario esclusivo e un vasto portafoglio di brevetti, DrakaElite offre un numero pressoché illimitato di soluzioni.
Prysmian offre un’ampia gamma di cavi ottici, compresi quelli ad alta densità dalle dimensioni ridotte, con tre prodotti chiave: la tecnologia di successo Flextube®, la soluzione interrata per l’esterno RetractaNetXS, ideale per gli sviluppi del FTTH, e il sistema VertiCasaxs, per portare la connessione in fibra alle unità condominiali.
Le soluzioni Prysmian per la connettività passiva garantiscono che la fibra ottica arrivi direttamente al cliente finale con una connessione FTTX. Molti dei cavi usati nei sistemi FTTX utilizzano la fibra ottica Prysmian insensibile alla piegatura BendBrightxs, sviluppata specificamente per questa applicazione.
La fibra non è l’unica modalità per accedere ad Internet veloce: esistono una serie di soluzioni miste, come le tecnologie DSL. Cavi in fibra possono interfacciarsi con cavi di rame già esistenti che portano il segnale fino all’utente finale.
Ma la fibra è la soluzione giusta per l’architettura di rete della futura Europa Digitale in quanto risponde a quattro criteri di base economici e tecnologici. La fibra infatti garantisce: una velocità di accesso a banda larga non raggiunta dalle altre soluzioni, la qualità e la resistenza nel tempo delle componenti, costi più bassi di operatività e manutenzione, l’omogeneità della rete.
Gli investimenti in fibra sono di dimensioni importanti. Ma sono investimenti “a prova di futuro”, non soluzioni transitorie destinate a diventare obsolete. Sono investimenti per il lungo termine e per le generazioni future. Grazie anche alla vasta esperienza maturata in grandi progetti internazionali, Prysmian costituisce il partner perfetto per gli ambiziosi progetti digitali che Italia e Europa stanno portando avanti. La fibra di Prysmian accorcia la distanza tra l’Europa, l’Italia ed un futuro di crescita.
Dal fiber-to-the-home al fiber-to-the-business. Mentre l’Europa deve ancora fare i conti con il digital divide in molte aree e con il cablaggio degli edifici persino nelle principali città continentali, gli Stati Uniti si preparano per un capitolo tutto nuovo che viene annunciato come una delle più importanti sfide economiche degli anni a venire: garantire connettività ad altissima velocità a tutte le aziende.
L'adozione della banda larga cresce a ritmi sostenuti in tutto il mondo e i servizi broadband sono sempre più un fattore chiave per l’aumento della produttività. L’analisi di Brett Sappington, Senior Director of Research di Parks Associates, scandaglia le caratteristiche del mercato.
L'adozione della banda larga cresce a ritmi sostenuti in tutto il mondo e i servizi broadband sono sempre più un fattore chiave per l’aumento della produttività. L’analisi di Brett Sappington, Senior Director of Research di Parks Associates, scandaglia le caratteristiche del mercato.
Un piano banda ultralarga ad hoc per le imprese? Non è da escludersi e i tempi potrebbero essere maturi. Era luglio di un anno fa quando il ministro Carlo Calenda accendeva i riflettori sulla necessità di una “rimappatura” delle aree del Paese, in particolare quelle a fallimento di mercato, tarata sui distretti industriali, in modo da poter garantire un’adeguata copertura in fibra al comparto produttivo nazionale. Copertura necessaria anche e soprattutto a sostenere il piano Industria 4.0 e a fare da volàno, dunque, alla “rinascita” in chiave digitale dell’economia italiana.
Un nuovo codice per un’Europa unita anche sul fronte digitale. L’Unione europea sta lavorando alla nuova direttiva che aggiorna il codice europeo delle comunicazioni elettroniche contenente norme semplificate grazie alle quali le imprese saranno invogliate a investire in nuove infrastrutture di qualità, in tutti i paesi dell’Ue. Bruxelles prevede che nel prossimo decennio - entro il 2025 - gli investimenti mobilitati dal nuovo quadro normativo potrebbero far aumentare il PIl europeo di 910 miliardi euro e creare 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro
Il termine industria 4.0 descrive la trasformazione della produzione manifatturiera avvenuta in seguito all’introduzione dei processi di automazione e digitalizzazione. Fin dalla sua nascita Prysmian è stata in prima linea nel seguire questa tendenza, creando l’ambiente ideale per costruire un’entusiasmante carriera ingegneristica. Stefano Brandinali, Global CIO del Gruppo Prysmian racconta questo viaggio nel mondo dell’Industria 4.0.
L’aumento massiccio di dispositivi IoT ha aperto la strada a una nuova modalità di “aggressioni”: oggi gli hacker possono diffondere malware e virus attraverso un numero molto più elevato di macchine.
La realizzazione delle infrastrutture ultrabroadband fisse nel nostro Paese sta marciando a rilento o quantomeno non alla velocità in grado di garantire il pieno sviluppo della nuova imprenditoria e di sostenere l’ambizioso piano Industria 4.0 di recente battezzato dal ministro Carlo Calenda.
Internet of Things, interfaccia uomo macchina, catene di montaggio “pilotate” da remoto. Sono solo alcune delle tecnologie chiave per l’Industria 4.0, abilitate da connessioni che devono essere sempre più potenti. In questo contesto il 5G gioca un ruolo chiave.
Le città alla sfida dell’urbanizzazione intelligente. Oggi circa il 54% della popolazione mondiale vive nei grandi centri. Entro il 2020 – prevedono i World Urbanization Trends dell’Onu - il tasso di urbanizzazione in Europa raggiungerà percentuali fino all’80% mentre in America i livelli saranno ancora più elevati.
Open Fiber, la società di Enel e Cdp (Cassa depositi e prestiti), è ufficialmente la nuova protagonista della banda ultralarga italiana. La società capitanata da Tommaso Pompei si è infatti aggiudicata, dopo un lungo percorso, il bando Infratel da 1,4 miliardi per la realizzazione della rete in fibra di proprietà pubblica nelle aree bianche di Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Toscana e Veneto.
Si è svolta a Marsiglia, dal 14 al 16 febbraio, l’edizione 2017 del FTTH Conference, il più importante evento europeo dedicato alla fibra e all’FTTH (Fibre To The Home) organizzato dal Fibre to the Home Council Europe, l’organizzazione che riunisce produttori e operatori del settore per promuovere la diffusione delle reti ultra broadband basate sulla fibra, con l’obiettivo di portare benefici a privati e imprese.
La sostenibilità ricopre un ruolo centrale per il Gruppo Prysmian, da sempre impegnato a sviluppare un modello di business responsabile, attraverso l’adozione di un approccio che incoraggi una crescente integrazione della sostenibilità all’interno della propria strategia di crescita.
Record per la banda larga: 50mila volte più veloce. Cambierà in maniera radicale il modo con il quale si erogano servizi e prodotti digitali attraverso la rete.
La banda ultralarga sarà la chiave di volta per la ripresa del comparto dell’edilizia?
A propendere per il sì è un’ampia schiera di esperti.
Giunti Prysmian: connettivita' ottica per prestazioni di ultima generazione
Fame di banda. Il bisogno di sempre maggiore capacità e velocità sta trasformando l’infrastruttura di Internet. L’obiettivo oggi è già quello di arrivare a 400 gigabit al secondo: un obiettivo dettato dalle nuove applicazioni e tecnologie che vengono usate quotidianamente in tutto il pianeta e, ovviamente, dalla moltiplicazione degli apparecchi smart, la cosiddetta Internet of Things.
La banda ultralarga è uno dei pilastri portanti della strategia Industria 4.0. I riflettori sono tutti puntati sulle cosiddette aree “grigie”, quelle non propriamente a fallimento di mercato, ma sulle quali sarà necessario investire per garantire le connessioni veloci, in particolare alle imprese. Stando a quanto evidenziato dallo stesso ministro Carlo Calenda, nelle aree grigie opera il 69% delle imprese, ossia la maggioranza, e se è vero che sono numerosi i progetti di infrastrutturazione, in particolare a livello di “distretti” – si pensi a quello di Prato, il primo “all-fibre” d’Italia – è anche vero che la mappa si presenta a macchia di leopardo.
RetractaNetxs riunisce in un unico sistema le eccellenze tecnologiche di Prysmian Group in fatto di Fibra, Cavo e Accessori.
Arrivare da tutto il mondo e ritrovarsi in una località italiana prestigiosa, accomunati da due caratteristiche: l’amore per il sapere libero e l’abitudine ad essere sempre connessi alla rete. Quando lo scorso giugno si sono ritrovati a Esino Lario, sul lago di Como, per partecipare all’edizione 2016 di Wikimania, la conferenza degli utenti dei progetti di Wikipedia, le quasi 1500 persone provenienti da tutto il mondo hanno trovato anche una connessione in fibra ad alta velocità che ha reso l’evento uno dei più apprezzati e meglio connessi dal 2005, anno della prima conferenza di Wikimania a Francoforte.
Sarà un autunno caldo quello della banda ultralarga italiana. È fissata al 30 settembre la deadline per candidarsi al secondo bando Infratel per la realizzazione della rete ultrabroadband pubblica in 10 regioni (Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle D’Aosta) più la Provincia autonoma di Trento. Un’altra data importante in calendario sarà il 17 ottobre, giornata ultima per le aziende che si sono pre-qualificate al primo bando Infratel per le prime sei Regioni, ossia Abruzzo-Molise (considerate un’unica area), Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto. Enel Open Fiber, Fastweb, Metroweb Sviluppo, Tim Agenda digitale, Estra e E-Via le sei aziende che hanno deciso di scendere in campo per la realizzazione delle nuove reti.
Per scrutare nelle profondità della nostra galassia serve anche la fibra ottica. Lo dimostra il progetto attualmente in fase di realizzazione dello Square Kilometre Array (SKA), il più grande radiotelescopio al mondo che rivoluzionerà letteralmente la nostra capacità di comprendere l'universo.
Alessandro Pirri, Direttore Connectivity e FTTx di Prysmian Group parla delle soluzioni realizzate dal Gruppo per superare le barriere strutturali degli edifici che influiscono sulla velocità di connessione.
Dal primo luglio del 2015 c’è obbligo di banda larga per gli edifici nuovi e ristrutturati. È una norma contenuta nello Sblocca Italia, aggiunta in sede di conversione del decreto (DL 133/2014) con legge 11/11/2014 n. 164. In particolare, ci sono alcuni punti rilevanti: tutte le nuove costruzioni e ristrutturazioni che richiedano il permesso di costruire dopo il primo luglio del 2015 dovranno avere una infrastruttura fisica multiservizio passiva interna con adeguati spazi installativi e con impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete...
Il cervello umano è una macchina biologica straordinaria, complessa e molto efficiente. I tentativi di simularla utilizzando tecnologie informatiche sino a questo momento sono stati molto limitati. Un computer che cerchi di restituire l’attività elettrochimica di neuroni, assoni e soprattutto la rete di sinapsi che connette anche il sistema nervoso centrale, è infatti molto inefficiente. Questo anche perché i chip di silicio funzionano da un punto di vista fisico in maniera molto diversa dagli assoni (utilizzati per la propagazione delle informazioni) e dalle sinapsi (giunzioni altamente variabili)...
Carlo Scarlata, Chief Commercial Officer di Prysmian Italia, dà il benvenuto in FibraNews. Da oggi inizia un entusiasmante viaggio nel mondo della fibra attraverso tutti i continenti. Paesi dove la velocità delle connessioni aumenta, accorciando tempi e distanze e moltiplicando il valore di ogni attività in modo esponenziale. Una fibra che porta incisa sul proprio involucro una scritta speciale: “Made in Italy” by Prysmian Group, l’unico produttore di fibra ottica in Italia.
Densità e flessibilità. Flextube®, i cavi in fibra ottica con la fibra insensibile alla piegatura BendBrightxs di Prysmian, sono la ricetta per sposare due requisiti che sembrano apparentemente antitetici. Le prime installazioni sono state realizzate in Australia, nella baia di Sydney, con risultati unici nel settore...
Lo sviluppo della banda ultralarga mobile è strettamente connesso allo sviluppo della fibra. Di fatto, se le due tecnologie non marceranno parallele non solo l’LTE sarà inevitabilmente penalizzato nel corso del suo sviluppo, ma non sarà possibile far decollare realmente il 5G. Il cuore del problema è costituito dal backhaul, ossia dal punto di “interconnessione” fra le reti fisse e mobili. Le reti hanno bisogno delle dorsali in fibra per interconnettere le proprie antenne alla rete dell’operatore: un network mobile che, se non può contare sul “supporto” della fibra e sul fibre backhauling, non può e non potrà soddisfare la crescente domanda di traffico dati, garantendo le performance promesse – i 100 Mbit/s nel caso dell’LTE e molto di più con il 5G – né la qualità dei servizi di connettività...
Sta per entrare nel vivo il Piano banda ultralarga per portare i 30 Mbps a tutti gli italiani e oltre i 100 Mbps all’85% della popolazione entro il 2020. A poco più di un anno dall’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, della Strategia italiana per la banda ultralarga – era il 3 marzo 2015 –il Piano che punta a portare la fibra ottica nelle aree a fallimento di mercato, le cosiddette aree bianche, si prepara per la fase “attuativa” delle gare. Il primo bando è stato appena annunciato...
Crescono le connessioni WiFi e, paradossalmente, cresce il bisogno di infrastruttura cablata in larga banda per alimentarle. La crescita del WiFi di nuova generazione infatti è sempre più rapida e la sua adozione sta cambiando i requisiti delle infrastrutture sulle quali si appoggia. I fattori tecnologici di questa accelerazione sono fondamentalmente due: l’utilizzo di un secondo fascio di frequenze radio rispetto a quelle assegnate al WiFi sinora e il consolidamento del nuovo standard 802.11ac. Secondo le stime di Dell’Oro, infatti, alla fine del 2016 i chip radio nello standard 802.11n e 802.11ac venduti in tutto il mondo, sia sui terminali che nei punti di accesso, saranno circa 1,8 miliardi...
Incontro con Philippe Vanhille, Senior Vice President Telecom Business di Prysmian Group
e
Francesco Sacco, esperto Innovazione e Agenda Digitale al Wired Next Fest 2016
La banda ultralarga, grazie alla fibra ottica, è entrata a pieno titolo fra i “dossier” strategici della politica italiana. Già in passato la questione era balzata agli onori della cronaca, ma va dato atto al governo Renzi di aver messo nero su bianco una strategia precisa nel Piano per la Banda Ultralarga e nel Crescita Digitale. Si tratta di due documenti programmatici in cui il connubio infrastrutture di rete-servizi digitali diventa per la prima volta indissolubile. L’annosa (e paralizzante) questione del “viene prima la rete o la domanda?” è stata dunque ...